«Vivete nel mondo senza nulla concedere al mondo. Lavorate senza posa, ma soprattutto amate, amate, amate», a queste sue parole, Armida Barelli è rimasta fedele per tutta la sua vita e, da donna innamorata di Dio, ha saputo essere voce delle donne che nell’epoca storica in cui è vissuta (1882-1952) ancora faticavano a farsi sentire.
Il suo impegno principale si è concentrato sulla creazione di spazi di crescita e formazione per le donne, sfidando gli stereotipi del suo tempo che relegavano le donne a ruoli marginali e subordinati.
Una donna che ha sfidato gli stereotipi di genere
In un’epoca in cui l’educazione delle donne era spesso limitata, ad Armida viene proposto di assumere la presidenza della Gioventù Femminile Cattolica. Se esisteva infatti un movimento maschile di Azione Cattolica, mancava del tutto un ramo femminile. Armida pronuncia il suo “Eccomi” e guida un movimento che aveva come fine non solo la formazione spirituale delle donne, ma anche l’educazione e la crescita personale, ponendo le basi per una maggiore emancipazione femminile tanto nella vita della Chiesa quanto nella vita della società. Armida era convinta che ci fosse bisogno di donne preparate, capaci di contribuire attivamente al progresso e al bene comune. Sotto la sua guida, specialmente all’interno della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, le giovani donne furono spronate non solo ad approfondire la loro fede, ma anche ad acquisire competenze pratiche e intellettuali che le rendessero più consapevoli del loro valore. Le ha incoraggiate a diventare protagoniste del cambiamento, rompendo con i limiti imposti dalla società patriarcale dell’epoca.
Fin dall’inizio, tuttavia, sceglie di non farsi chiamare Presidente, ma Sorella Maggiore: «La Presidente – ebbe modo di dire – è la Madonna che ci protegge».
La rivoluzione degli Istituti Secolari
All’iniziativa di Armida si deve anche un’intuizione che profuma di rivoluzione: tra il 1918 e il 1919 diverse appartenenti alla Gioventù Femminile si chiedono se esista un modo di consacrarsi a Dio senza entrare in clausura o in un ordine religioso. La Barelli ne parla con papa Benedetto XV, che suggerisce di valutare il Terz’Ordine.
Nell’agosto 1919, ad Assisi, viene scritta una Regola per l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo: ramo innestato nel terz’ordine francescano e ispirato al Sacro Cuore come mezzo per la restaurazione cristiana della società.
Nel 1947 giunge anche l’attesa approvazione dello statuto delle Missionarie: da Pio Sodalizio delle Missionarie della Regalità, l’Opera diventa Associazione Laicale Femminile! Il 2 febbraio 1947 il papa promulga la Costituzione Provida Mater Ecclesia attraverso la quale riconosce un nuovo stato di perfezione per i laici: gli Istituti secolari e le Missionarie diventano uno dei primi istituti secolari della storia.
Il voto alle donne
Il vento di rinnovamento che si può avvertire in quest’apertura alle realtà laiche non tocca solo la Chiesa, ma anche la politica: nel 1948, per la prima volta in Italia, le donne possono votare. In qualità di vicepresidente delle Associazioni femminili, Armida avvia corsi di formazione per educare le donne al voto: «Ardire e ardore» è il motto! Il 18 aprile 1948 le donne votano per la prima volta e sono donne che la Barelli ha contribuito a rendere più consapevoli di loro stesse e del loro valore.
Un sogno condiviso: l’Università cattolica del Sacro Cuore
La visione di Barelli si estendeva oltre l’educazione femminile. Collaborando con padre Agostino Gemelli, ha contribuito a fondare l’Università Cattolica del Sacro Cuore, un’istituzione che ha offerto un’istruzione di qualità a una nuova generazione di cattolici italiani. Questo progetto è un chiaro esempio del suo impegno nel creare opportunità educative per tutti, pur mantenendo un’attenzione speciale per le donne e la loro emancipazione.
Armida Barelli ha tracciato un nuovo percorso per le donne all’interno della Chiesa cattolica, dimostrando che con il coraggio di osare e di realizzare una visione si possono superare le barriere culturali e religiose del proprio tempo.