Contro povertà e indifferenza scegli l’umanità

Contro povertà e indifferenza scegli l’umanità

Aiutare

All’interno del cammino di speranza del Giubileo, si inseriscono i nostri appuntamenti con Mario Antonio Clerici, nostro affezionato lettore e volontario alla Croce Rossa Italiana.
In questo quarto intervento, l’Autore racconta l’incontro con le diverse povertà sociali e riflette sull’importanza di non essere indifferenti di fronte alle necessità dei fratelli; solo così l’umanità può crescere e dare frutti di speranza.

La povertà diventa emergenza sociale

Chiamatela, se volete, bassa intensità lavorativa. È un modo asettico per parlare della povertà che, sempre più spesso, prende di mira le famiglie e, in particolare, va a colpire le fragilità: contesti in cui si verificano problemi di salute, di disagio cronico, dove l’occupazione è a intermittenza, quando c’è. Secondo l’Istat il 23,1% della popolazione del nostro Paese (dati 2024) è ai margini dell’esclusione sociale, in aumento rispetto all’anno precedente.
Sempre di più il volontariato di soccorso viene chiamato a intervenire a supporto della precarietà sociale, che non riguarda più soltanto coloro che tradizionalmente erano considerati “ai margini” (immigrati irregolari, senzatetto, persone con disagi psichici), ma tocca anche il cosiddetto “ceto medio”.

La povertà toccata “sul campo”

Negli ultimi anni della mia attività di volontario in Croce Rossa mi sono trovato ad affrontare una realtà sempre più difficile per quanto riguarda “le” povertà – ce ne sono sempre di più e con nuove sfaccettature – con la domanda crescente di aiuti umanitari. Quello che noto, non senza profonda preoccupazione, è il disagio delle famiglie, spesso con bimbi piccoli o disabili o anziani fragili. Leggere le cifre dell’Istat può essere utile per inquadrare il problema; tuttavia, è trovandosi sul campo che si avverte in tutta la sua drammaticità questo fenomeno. Nel 2023 versavano in condizioni di assoluta povertà 2,2 milioni di famiglie, per circa 5,7 milioni di persone.
Ricordo quando agli inizi dell’anno 2000, con mia moglie Wilma, pure volontaria, ci fu chiesto dalla Croce Rossa di occuparci degli aiuti umanitari nel territorio comasco dove tutt’ora presto servizio. All’epoca la realtà sociale era decisamente diversa: la principale domanda d’aiuto proveniva dagli immigrati extracomunitari alle prese con il non facile inserimento nel tessuto sociale. Tuttavia, iniziava a crescere la domanda di interventi – specialmente per il vitto – da parte di anziani soli e fragili. Con entusiasmo io e mia moglie ci facemmo carico di questa nuova sfida, incontrando realtà che non immaginavamo. Mi riferisco soprattutto a storie di precarietà tenute nascoste per paura, per vergogna o semplicemente per orgoglio.

Colletta alimentare

Un episodio che arriva al cuore

Ricordo che una sera sentimmo suonare il campanello di casa: era un uomo di origine egiziana, arrivato da poco in Italia. Aveva bisogno di cibo per far fronte alle necessità di una famiglia numerosa, con quattro figli piccoli.  Lo accompagnammo al supermercato, facendo noi la spesa per lui, in attesa che arrivassero nuovi pacchi da distribuire ai più bisognosi.
Non fu difficile comprendere quella necessità, perché anche noi, genitori di quattro figli sapevamo bene quanto oneroso fosse il ménage familiare. Da parte sua, quest’uomo non sapeva più come ringraziarci. In quel momento, io e mia moglie pensammo a quanto era importante essere a disposizione del prossimo in difficoltà, consci che soltanto così potevamo realizzarci pienamente anche come persone.

“Il giudizio di Dio sarà a favore del povero”

Tra gli insegnamenti del compianto papa Francesco, ce n’è uno in particolare che mi accompagna quando mi dedico agli aiuti umanitari, nella mia attività di volontario. Mi riferisco al valore speciale dell’aiuto ai poveri, che non vanno mai dimenticati nelle loro istanze, perché “il giudizio di Dio – come recita il Siracide – sarà a favore del povero”. Proprio nell’ultima Giornata Mondiale dei Poveri, domenica 17 novembre dello scorso anno, papa Francesco ha invitato non soltanto a pregare per i disagiati, ma ad azioni concrete di carità.
Tra i poveri dei poveri, nella mia esperienza di volontario, gli anziani hanno un posto speciale.  Potrei raccontare decine di storie di persone fragili alle quali ho consegnato, insieme con i miei colleghi, il pacco viveri. Mi colpisce sempre il rispetto e la dignità con cui ci accolgono, insistendo per offrirci quanto meno un bicchier d’acqua o parlandoci del proprio passato, dei momento belli della loro vita.
Forse soltanto un volontario del soccorso, oggi, si rende conto di quanti anziani con una pensione minima non riescano ad arrivare a fine mese. Se guardo indietro, vedo che il tracollo è iniziato con l’entrata in vigore dell’euro, nei primi anni Duemila, che ha comportato l’erosione della capacità d’acquisto.
Con il passare del tempo, le persone sole e le famiglie che avevano bisogno d’aiuto sono cresciute in maniera esponenziale, anche in zone floride come la Lombardia. In parallelo, la domanda di volontari addetti alla gestione dei generi alimentari è andata aumentando. Ma è stato soprattutto durante la pandemia che abbiamo assistito all’impennata delle richieste di aiuto.

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L’indifferenza è la malattia più grave

Purtroppo, c’è da notare anche un altro tipo di povertà, che non ha nulla a che fare con le risorse finanziarie o con il cibo. Parlo della povertà umana, ovvero di quella indifferenza verso quanti si trovano nel bisogno che sta aumentando un po’ dappertutto. Che cosa sia questo atteggiamento, lo ha spiegato molto bene papa Francesco nel febbraio 2023, ricordando che “è la malattia più brutta che possiamo avere” e consiste nel “guardare e non voler vedere”.

Questo mette noi volontari di fronte a una nuova sfida. Ogni volta che distribuiamo un pacco ci troviamo anche a dare un momento di conforto, a parlare con le persone e ad ascoltarle, ad aiutarle ad affrontare i loro problemi, così da condividere, almeno per un momento, la solitudine in cui si trovano. È un nuovo modo di essere vicini alla gente, che va al di là della consegna in sé stessa.
A chi presta soccorso, sono convinto, in questi anni tanto difficili, viene chiesto di alzare l’asticella dell’umanità, aprendo il proprio cuore, con empatia e capacità di ascolto.
Parecchie volte mi è successo di vivere situazioni di questo tipo. Siamo chiamati a farci portatori di speranza. A volte i pochi minuti in cui si parla con una persona bisognosa, sia essa anziana o ai margini di una società sempre meno inclusiva, bastano a renderla di buon umore. Fanno bene. Donano un po’ di serenità, di pace. Danno sollievo. È quel “di più” che va al di là di un pacco alimentare e che fa di un “aiuto umanitario” il più autentico segnale di umanità.

Mario Antonio Clerici ha condiviso con noi la sua esperienza della “povertà”, vissuta da volontario della Croce Rossa e le sue riflessioni nel segno di un’umanità capace di prestare attenzione ai bisogni dell’altro in difficoltà; se vorrai attendiamo anche la tua testimonianza e la tua riflessione!

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