Con un cuore traboccante di fede e un amore incrollabile per il Sacro Cuore, Armida Barelli si erge come una figura luminosa di servizio e dedizione per la Chiesa e la società italiana del Novecento che ha molto da insegnarci ancora oggi. Non fu solo una fondatrice, ma una “Sorella Maggiore”, un’espressione che ella stessa scelse per descrivere il suo ruolo tra le migliaia di giovani donne che ispirò come Presidente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica.
Don Andrea Vena, in questo nuovo volume della collana I Santi del Messalino, tratteggia il profilo di questa instancabile donna di Dio: «Donna straordinariamente ordinaria, che nella quotidianità dell’esercizio del suo lavoro ha saputo santificare sé stessa e le persone con cui entrava in relazione», ci lascia l’eredità spirituale «di tessere fra di noi relazioni significative, segnate dal desiderio di amare e di far amare il Signore Gesù» (Padre Ernesto Dezza, ofm, dalla Prefazione).
«Sono tua, solo tua, per sempre tua, mio Sacro Cuore»
Nata a Milano nel 1882 da una famiglia benestante, Armida non ricevette un’educazione spirituale tradizionale in casa, ma fu durante i suoi studi presso le suore Orsoline e della S. Croce di Menzingen, tra il 1895 e il 1900, che iniziò a conoscere e ad amare il Signore. In quel contesto, sebbene inizialmente annoiata dalla messa e scettica sulla meditazione, fece un incontro che le cambiò la vita: la devozione al Sacro Cuore di Gesù, grazie all’amicizia con una compagna, Agata Braig. Questo amore per il Sacro Cuore divenne la melodia che le cantava nell’anima, portandola nel 1909 a consacrarsi al Signore con un voto privato di castità: «Sono tua, solo tua, per sempre tua, mio Sacro Cuore», annotò nel suo diario nel 1913, sigillando una scelta di vita guidata da una fiducia incondizionata.
L’incontro con padre Agostino Gemelli e un motto per la vita
Nel 1910, Armida incontrò padre Agostino Gemelli, un incontro che segnò l’inizio di una collaborazione feconda e duratura. Fu Gemelli a orientarla verso il Terz’Ordine Francescano, in cui entrò il 19 novembre 1910. Armida, dotata di grande determinazione, adottò un motto che racchiudeva il suo spirito indomito di fronte alle sfide: «Impossibile? Allora si farà!». Questa frase non era solo un’espressione di volontà umana, ma la manifestazione di una fiducia profonda nella divina Provvidenza e nel Sacro Cuore.
La “sorella maggiore”: un cuore al servizio delle donne e della Chiesa
La sua vocazione la portò a diventare la “cucitrice” delle opere di padre Gemelli. La sua azione si dispiegò in vari campi, sempre animata da una spiritualità cristocentrica:
• La Gioventù Femminile di Azione Cattolica: Nel 1917, l’arcivescovo di Milano, il beato cardinale Andrea Carlo Ferrari, la invitò a occuparsi delle giovani, e papa Benedetto XV la nominò vicepresidente dell’Unione Donne Cattoliche Italiane nel 1918. Inizialmente riluttante all’idea di parlare in pubblico e girare l’Italia, Armida accettò, comprendendo l’urgenza di formare le donne cristiane di fronte alla propaganda marxista e alla secolarizzazione. Non volle essere chiamata “Presidente”, affermando: «Presidente è la Madonna che ci protegge. Io sono la sorella maggiore, la sorella di tutte, uguale a tutte, solo più carica di esperienza». Sotto la sua guida instancabile, la Gioventù Femminile si diffuse capillarmente in Italia, “arruolando” centinaia di migliaia di giovani.
• La Fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che, insieme a padre Agostino Gemelli e ad altri contribuì a fondare; nonostante le enormi difficoltà finanziarie e le incertezze del tempo, la sua fede operò miracoli. Si narra l’episodio in cui, di fronte alla necessità di un milione di lire per l’acquisto della sede e lo scoraggiamento generale, Armida propose di fare un voto al Sacro Cuore: se la cifra fosse arrivata, l’Università sarebbe stata a Lui dedicata. Un’ora dopo, un assegno da un milione arrivò da un conte che, all’inizio riluttante, fu “piegato” dal Sacro Cuore.
• L’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo: nel 1929, organizzò quest’opera per diffondere la vita liturgica nelle parrocchie con una spiritualità cristocentrica.
«Volontà di Dio, mi fido del Sacro Cuore»
La vita di Armida non fu esente da prove: visse il tracollo economico familiare, la malattia che la costrinse a letto per anni, e i bombardamenti che distrussero la sua casa e parte dell’Università durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, in ogni difficoltà, il suo «talismano della felicità», così lo definiva, rimase la fiducia nel Sacro Cuore. Scrisse: «Non mi angustio per nulla: ci penserà Lui ad ogni difficoltà». Anche di fronte alla grave malattia degenerativa che la condusse alla morte, la sua risposta fu: «Volontà di Dio, mi fido del Sacro Cuore». Sebbene la sua voce fosse spenta, continuò a lavorare e a dire: «Se non posso più parlare, posso però pregare, pensare, amare, scrivere e dirigere le Opere. E ringrazio Dio!».
Pio XII la definì «l’anima eletta che ha servito la Chiesa con fede piena e dedizione assoluta». Beatificata il 30 aprile 2022, Armida Barelli continua a essere un esempio di come una vita donata a Dio e al prossimo, con una fiducia incrollabile nel Sacro Cuore, possa trasformare il mondo e rimanere un “canto” di amore per sempre.