Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” maggio-giugno 2025

Ascensione del Signore (s)
propria
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 1,1-11)
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Mentre la risurrezione del Signore nessuno la vide, l’ascensione al cielo ebbe gli apostoli come testimoni diretti. Ci viene detto che questo evento non fu particolarmente eclatante o glorioso: niente squilli di trombe, niente cieli sfolgoranti che si aprirono, assenza di corti celesti osannanti… Si dice solo che, finito di parlare, Gesù fu elevato in alto e dopo pochi istanti non lo videro più. Fu evento semplice, quasi casalingo. Di fatto non si tratta tanto di un vero e proprio trasferimento di luogo, dalla terra al cielo, quanto piuttosto di un sottrarsi dalla vista, ma per rimanere con noi. Possiamo dire che il Signore non è andato lontano, ma al contrario si è fatto più vicino. La realtà ultima, infatti, è quella espressa da Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4). Il luogo del Signore risorto è in quell’“in”, ossia nell’anima in grazia. Per questo gli angeli fanno un’osservazione: «Perché state a guardare il cielo?». Come a dire: guardate ora dentro di voi, perché siete voi il cielo di Dio. Possiamo credere questo, senza svenire?
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 9,24-28; 10,19-23)
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Nel passo della lettera agli Ebrei che si legge oggi è contenuta un’espressione piuttosto singolare: si dice che Gesù «apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza». La seconda venuta del Signore, la cosiddetta “parusia”, è dogma di fede, quindi avvenimento certo. Alcuni teologi e Padri della Chiesa situano questa seconda venuta alla fine dei tempi, e sarebbe il Giudizio universale, quando il Signore giudicherà i vivi e morti e vi sarà la risurrezione dei corpi di tutti gli uomini di tutti i tempi. Altri, invece, situano questa seconda venuta nel tempo, in questa realtà umana, il che significherebbe l’instaurazione di un periodo diverso da quello di ora, con maggiore pace, maggiore unità nella Chiesa e nel mondo, un periodo che si può indentificare nel trionfo del cuore immacolato di Maria predetto a Fatima. Questo darebbe ragione all’espressione del ritorno di Gesù «senza alcuna relazione con il peccato» (quindi non nel Giudizio universale alla fine dei tempi) e a coloro che l’aspettano per la loro salvezza, ossia agli uomini che invocano il Salvatore.
VANGELO
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio. – Parola del Signore.
Commento al Vangelo
Gesù se ne va, ma gli apostoli provano una grande gioia. Il Signore, infatti, non va in cielo per separarsi da loro, ma per unirsi al Padre nel modo che gli spetta, dopo aver compiuto il sacrificio ed essere risorto dai morti. Di qui ne viene l’atteggiamento di lode ed esultanza che prende i discepoli dopo la dipartita del Signore: essi sanno che ora lo potranno trovare nel tempio (infatti il testo dice che stavano sempre lì), ma anche in casa, nei luoghi di lavoro, ovunque, perché il Signore si sottrae dalla visibilità semplicemente perché ascendendo al cielo entra nella dimensione definitiva laddove egli è dove ama (questa caratteristica di essere dappertutto si chiama ubiquità). Cristo asceso al cielo è ovunque egli voglia essere e, prima di ascendere, egli ci ha assicurato che sarebbe stato sempre con noi: «Ecco, io sono con voi, tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). L’ascensione al cielo è in realtà la manifestazione della presenza perenne di Cristo, del suo esserci, del suo “stare” e rimanere: «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4a). Come possiamo essere tristi, se veramente Gesù è con noi? La tristezza, diceva san Francesco, è il male di Satana. Lui sì che è sempre, ma realmente sempre, triste.