Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” maggio-giugno 2025

5ª domenica di Pasqua (C)
1ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 14,21b-27)
In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Dopo il primo viaggio apostolico nelle regioni dell’odierna Turchia, Paolo e Bàrnaba tornano ad Antiòchia, da dove erano partiti, e fanno il loro resoconto ai membri di quella Chiesa. Sono entusiasti, perché ovunque hanno messo piede il Vangelo è stato accolto e le prime comunità cristiane sono impiantate. E pensare che i due erano partiti senza alcun mezzo, ricchi solo della loro fede e della loro speranza in Dio. Chi edifica la Chiesa è lo Spirito Santo, ma lo Spirito ha bisogno di uomini di coraggio e pienamente a disposizione. Notate che Paolo e Bàrnaba non nascondono le difficoltà: avevano avvertito i primi cristiani che ci sarebbero state tribolazioni. Questo è un principio insegnato e ripetuto spesso anche del Signore Gesù: tante volte egli aveva detto che per entrare nel Regno occorre passare per la porta stretta. Minimizzare le prove e le sofferenze è un errore: le persone devono sapere che essere cristiani significa combattere contro le forze del male e prepararsi a vincere il male con il bene. Lo Spirito non ci risparmia le prove: ce le fa superare con la potenza divina di Cristo risorto.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,1-5a)
Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Dobbiamo guardare la vita del Paradiso per consolarci e vivere meglio le tristezze del tempo presente. Nell’Apocalisse ci viene detto che la vita eterna ha una dimensione sia comunitaria che personale. Comunitaria perché è una città: Gerusalemme nuova. La città è piena di strade, palazzi, negozi, scuole, parchi pubblici, gente che si muove e interagisce. Saremo insieme in modo diverso, ma saremo insieme. Inoltre, tale città è come una sposa adorna per lo sposo, e la sposa è una persona singola. Questo significa che l’identità di colui che sarà in Paradiso non sarà quella di essere uno dei tanti, un numero, ma di essere come l’unico, il solo, per Cristo. Se Gesù è lo Sposo e io sono l’anima sposa, quale grande felicità e dignità sapere che il mio Dio si avvicina a me per sposarmi! Entrambe le dimensioni ci danno una grande consolazione. Inoltre, sappiamo che non vi sarà il ricordo del male passato, non vi saranno pianti e lacrime, perché tutto sarà rinnovato. Tra la vita presente e quella futura vi è continuità, perché la vita è una, ma tutto il male che abbiamo fatto e veduto non ci sarà più.
VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-33a.34-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo
Giuda Iscariòta si alza e se ne va, corre a preparare il suo tradimento e la cattura del Signore da parte del sinedrio. Proprio in quel momento, Gesù parla di “gloria” che sta per arrivare e dell’amore che deve distinguere i discepoli. Il contesto è drammatico, ma Gesù non si perde in considerazioni tristi o dolorose: egli sa che il tradimento, la cattura, la morte, sono previsti affinché l’amore divino trionfi. Egli soffre, ma al tempo stesso dice qual è il prezzo di questo altissimo riscatto: l’amore. Non si scherza con Dio: egli è morto immerso nel dolore ed è risorto per donarci il suo Spirito, e amandoci gli uni gli altri noi non facciamo che far vivere Dio tra noi. Essere cristiani non significa allora cavarsela più o meno bene, amare alla meno peggio coloro che ci sono vicini, ma entrare nella morte di Cristo e risorgere con lui a vita nuova. E la vita nuova è l’amore fraterno. Sì, la vera comunità cristiana è quella fatta di persone che si amano reciprocamente, si servono a vicenda, si sacrificano l’una per il bene dell’altro. Lì certamente vive e opera Dio. Solo una comunità come questa attira le anime e convince che vivere per l’altro è sempre la cosa più bella che possiamo fare.