Liturgia della domenica: 2 novembre 2025

Liturgia della domenica: 2 novembre 2025

Commemorazione dei fedeli defunti

Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” novembre-dicembre 2025

Liturgia della domenica colore viola

Commemorazione di tutti i fedeli defunti
propria

PRIMA MESSA

PRIMA LETTURA

Dal libro di Giobbe (Gb 19,1.23-27a)
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro». – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

Come fa Giobbe a dire che il suo redentore è vivo? L’ha forse visto? E chi è questo redentore che, ultimo, si erge sulla polvere? La polvere è il segno dell’uomo disfatto, sotto terra (Gen 3,19), dell’uomo che non doveva morire se non avesse peccato. Su questo corpo umano dissolto e tornato cenere a causa dei peccati, ecco che si erge, alla fine, il Creatore. Ma Dio non è soltanto Crea­tore, è anche Redentore, ossia colui che riscatta, che paga per noi, che ci ridona la vita – quella vera, eterna della grazia – avendoci donato il suo stesso Spirito divino nel giorno di Pentecoste. Giobbe quindi, mentre attesta il Creatore, attende il Redentore. Tutto nella Bibbia tende a Gesù, che nel suo atto di morte e risurrezione apre le porte del cielo. «La morte non è la fine di tutto – scrive il servo di Dio don Divo Barsotti a proposito di coloro che si sono salvati –, anzi, l’amore che ci lega ai nostri cari defunti è ancora più forte, più puro. I nostri defunti ci amano di più ora che sono nella vita eterna, anche se sono nella via purgante. Essi hanno semplicemente smesso di morire».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,5-11)
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione. –
Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

In effetti è vero: chi morirebbe per uno che ci ha fatto del male? Possiamo “dare la vita”, sia faticando giorno e notte sia morendo anche materialmente per la persona che amiamo, ma dare la vita per uno che ci odia, proprio non ci torna. Riflettendo sul sacrificio di Cristo, san Paolo annota il carattere della morte di croce: Gesù ha accettato di bere il tremendo calice della passione per uomini che lo detestano, per molti ai quali egli è indifferente, per tante persone che addirittura non desiderano nemmeno essere salvate. Questo dice la natura dell’amore di Dio: egli ama perché è amore, e se tale amore è respinto, egli ama lo stesso. Se ha pena, ce l’ha perché sa bene che chi ripudia l’amore di Dio si vota alla dannazione eterna. Non pensa a sé, ma a noi. E non crediamo che i grandi peccatori siano gli altri: guardiamo a noi stessi, perché siamo noi quei peccatori a cui san Paolo si rivolge. Gesù è morto mentre eravamo nei peccati: basta questo per arrenderci, chiudere per sempre con l’egoismo sfrenato e immergerci in questa salvezza che ci è donata e che supera ogni immaginazione.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,37-40)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». – Parola del Signore.

Commento al Vangelo

Gesù non è venuto per condannare, ma per salvare. Di per sé non è venuto nemmeno per consolarci o per rendere più gradevole la nostra esistenza. Non è venuto per guarirci dalle malattie (se no saremmo tutti sani) o per portare la pace nel mondo (se no ci sarebbe), ma per salvarci. Salvarci da che cosa? Semplicissimo: da noi stessi. L’uomo lasciato a sé, infatti, cerca di prendere tutto quello che può dalla vita, cerca il piacere, la soddisfazione, il benessere, ma nella direzione sbagliata: mettendosi lui al centro e facendo ruotare tutte le cose attorno a sé. Dopo il peccato originale, vogliamo che tutto sia per noi. Cristo ribalta totalmente la situazione e ci dice che per avere la vita eterna occorre vedere il Figlio e credere in lui, uscire da noi stessi, non ripiegarci, non cercare la nostra felicità nell’avere, ma nel donare. Sembra facile, ma non lo è, perché la nostra natura corrotta oppone molta resistenza. Questo combattimento in fondo è il contenuto di tutta la vita spirituale. «Togli me stesso a me!», diceva san Nicolao della Flue. Questo santo svizzero si era dipinto un enorme volto di Cristo su una tela grezza, lo teneva appeso alla parete e lo guardava sempre!

SECONDA MESSA

PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa (Is 25,6a.7-9)
In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza». – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

Nell’Antico Testamento già si annuncia la risurrezione dei corpi, perché in Isaìa si legge che Dio eliminerà la morte per sempre. Questo è l’annuncio degli apostoli dopo la Pentecoste: essi non predicano la dottrina o le norme di vita morale, ma il fatto che un uomo particolarissimo, Gesù di Nàzaret, è morto ma poi si è ridato la vita da solo ed ora è vivo; essi lo hanno visto mangiare e bere con loro dopo la sua morte. Diversa è la risurrezione di Lazzaro e della figlia di Giàiro: in seguito entrambi sono comunque morti, hanno conosciuto la decomposizione del corpo e la tomba. Invece, Gesù ha eliminato il fatto della morte in sé, perché appunto è tornato in vita e al momento è ancora in vita (e lo sarà per sempre). Lo stupore qui è assoluto, perché se questo è vero, occorre rivedere tutto il discorso della morte di ogni uomo, se è vero che si risorge col corpo dopo la morte. Capiamo allora perché gli apostoli, trasecolati e stravolti da questa notizia, predichino solo questo. Poi, il come vivere nella vita nuova del risorto (le norme comportamentali) vengono dopo.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,14-23)
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. – Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

San Paolo ci dice che, se siamo figli, siamo anche eredi. Quando un padre fa il testamento, in genere, destina le proprie cose ai figli. Dunque, i figli entrano in possesso dei beni dei genitori non perché sono bravi o perché se lo siano meritato, ma semplicemente perché sono figli. Così è anche nei confronti di Dio: se siamo suoi figli erediteremo i suoi beni. E in che cosa consiste questa eredità? Nel regno di Dio, nella gloria eterna che egli ci dona in Cristo. Tuttavia, per vivere con Dio la vita celeste (l’eredità) occorre prima partecipare con Cristo alle sofferenze della vita. È così anche per Gesù: prima la croce poi la gloria. Non è detto che dobbiamo morire appesi coi chiodi alla croce, ma ogni nostra sofferenza, piccola o grande che sia, quando è offerta al Padre attraverso il grande sacrificio del Figlio, è vita della croce. Persino la creazione intera conosce le doglie del parto e soffre in attesa. Qui in terra nulla è in pace e tranquillo, ma tutto è speranza, desiderio, patimento, perché la natura dell’amore è il fuoco vivo. Siamo eredi, quindi abbiamo già tutto, e questo ci basti.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». – Parola del Signore.

Commento al Vangelo

Non possiamo dire che il Signore non ci abbia avvertiti o che non ci abbia mai parlato della vita eterna e del giudizio universale. Tutti passeremo e attraverseremo quel momento. Verremo giudicati da Cristo, su questo non c’è dubbio. Il suo “sedersi sul trono” dice regalità e potere sovrano. Sappiamo che saremo giudicati con giustizia, che non vi sarà nessun errore, perché Dio è giudice giusto e conosce tutte le nostre azioni meglio di quanto le conosciamo noi. Sappiamo che saremo giudicati sulla carità, su come avremo vissuto nei confronti del nostro prossimo. Non ci verrà chiesto che titolo di studio avevamo, che posto occupavamo nel mondo, ma se avremo avuto carità nei confronti degli altri. Infine, sappiamo che il giudizio sarà senza ritorno; in cielo non c’è la Corte d’appello o la Cassazione. Aggiungo un particolare: da altri passi del Vangelo sappiamo anche che avremo un Pubblico ministero, un accusatore professionista: Satana; ma avremo anche avvocati difensori eccezionali: i poveri che avremo beneficato in vita, la santa Vergine Maria (Advocata peccatorum) e lo Spirito Santo, il Paraclito (parola che significa anche “avvocato”). Dunque, prepariamoci bene!

TERZA MESSA

PRIMA LETTURA

Dal libro della Sapienza (Sap 3,1-9)
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti. – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

I giusti sono coloro che osservano la legge divina e la vivono con docilità e convinzione. Essi avranno la ricompensa e vivranno sempre con Dio anche dopo la morte. Nell’Antico Testamento non viene rivelato come avverrà questo, perché per capire bene la vita eterna occorre la risurrezione dell’uomo Dio Gesù Cristo, ma già questa è annunciata. Notiamo come nell’ultima riga del brano appaiano le tre virtù teologali: coloro “che confidano in lui” sono pieni di speranza; comprenderanno la verità, ossia saranno radicati nella vera fede; fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, e ciò significa che vivranno nella carità. Quindi, ne concludiamo che se viviamo nella nostra giornata le tre grandi virtù teologali, noi già viviamo in qualche modo nell’eternità, siamo già partecipi della vita divina. Occorre solo perseverare per essere trovati, nel giorno della nostra morte, con queste disposizioni. Allora anche noi regneremo con Dio, perché egli ci farà partecipi pienamente della sua vita.

SECONDA LETTURA

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,1-5a.6b-7)
Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio». – Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

Il Paradiso nell’Apocalisse viene rappresentato come una città, la Gerusalemme celeste, o anche come una tenda (i beduini nel deserto non avevano case, ma vivevano in tende che montavano e smontavano continuamente); un luogo, insomma, di incontro, di relazioni, di contatti. Naturalmente, la relazione principale è e sarà sempre quella con Dio: in Paradiso finalmente saremo uno con Cristo, quindi pienamente figli del Padre, per quanto ci è possibile (figli adottivi). Abituiamoci, allora, a pensare alla nostra morte come momento di incontro e di giudizio, di umiliazione e di liberazione. La città alla quale siamo diretti sarà davanti a noi e la porta per entrarvi sarà l’Agnello di Dio (cfr. Gv 10,9). Perché, dunque, affannarci sempre sulle cose della vita, spendere tempo sulle cose che comunque passano? Tutto, in noi, corre verso quel momento. Il vincitore erediterà, dice l’Apocalisse. Egli è colui che si allena, combatte, non si scoraggia mai e mantiene sempre una fede incrollabile in Cristo e nella Chiesa.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». – Parola del Signore.

Commento al Vangelo

Il Vangelo che si legge nel giorno di tutti i Santi (ieri) si ripete nella commemorazione di tutti i defunti. Come mai questa insistenza sulle bea­titudini? Perché nella Chiesa trionfante (Paradiso) si gode in eterno del frutto delle beatitudini; nella Chiesa purgante (Purgatorio) la beatitudine si desidera ardentemente, si sospira, mentre nella Chiesa militante (la nostra, nel tempo presente) ci sforziamo di camminare in Cristo praticando proprio il Vangelo ascoltato oggi. Siamo quindi tutti uniti (non a caso la Chiesa è una) nella stessa realtà delle beatitudini: qui cerchiamo di viverle, pur conoscendo le cadute, i rallentamenti, i vari disordini che gli affanni della vita ci impongono; il Purgatorio è il regno della giustizia, laddove si paga la superficialità e la tiepidezza della vita terrena, ma nel cuore avremo bruciante il desiderio di essere finalmente beati per sempre con Dio. La meta è il Paradiso, che si raggiunge praticando in terra le beatitudini. Dovremmo, quindi, ripetercele spesso, queste nove beatitudini, impararle a memoria e poi applicarle nelle situazioni giornaliere che la vita ci presenta.

Liturgia della domenica: 2 novembre 2025

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scroll to top
Le tue preferenze cookie

Questo sito web utilizza i cookie

Utilizziamo i cookies per personalizzare contenuti ed annunci, per fornire funzionalità dei social media e per analizzare il nostro traffico. Condividiamo inoltre informazioni sul modo in cui utilizza il nostro sito con i nostri partner che si occupano di analisi dei dati web, pubblicità e social media, i quali potrebbero combinarle con altre informazioni che ha fornito loro o che hanno raccolto dal suo utilizzo dei loro servizi. Acconsenta ai nostri cookies se continua ad utilizzare il nostro sito web.

Salva
Rifiuta