Santa Maria Francesca e la resilienza femminile. “Esistere e resistere” nelle pieghe del quotidiano

Santa Maria Francesca e la resilienza femminile. “Esistere e resistere” nelle pieghe del quotidiano

Maria Francesca delle 5 piaghe

Nel cuore pulsante dei Quartieri Spagnoli di Napoli, tra panni stesi, motorini rombanti e voci che si rincorrono nei vicoli, vive ancora oggi la memoria di una donna che ha saputo trasformare il dolore in luce: santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe.

La sua non fu una santità da cattedrale o da monastero isolato, ma una santità urbana, concreta, vissuta, nata e maturata nel cuore pulsante dei Quartieri Spagnoli. Proprio per questo, la sua figura, vissuta nel Settecento, parla con sorprendente modernità alle donne che oggi cercano un modello per esistere e resistere nella fatica del quotidiano.

La santità che abita i margini

Maria Francesca (al secolo Anna Maria Gallo, nata nel 1715) non scelse una vita di agi, anzi. Visse in un contesto di povertà, malattia e oppressione. La sua spiritualità fiorì in un’umanità viva fatta di lotta e ingiustizie.

La sua storia è la storia della resistenza:
Contro la violenza e l’oppressione: fin dalla gioventù, Maria Francesca subì violenze domestiche e l’oppressione di un padre irascibile che non tollerava contraddizioni e la vedeva come un oggetto di sua proprietà. Quando rifiutò un matrimonio combinato in favore della vocazione, fu punita severamente. La sua capacità di abbracciare le avversità, accogliendo perfino le accuse più infamanti (fu definita “fattucchiera” e “sfascia famiglie”) con obbedienza e pazienza, la rende una compagna ideale per chi oggi affronta la violenza e la prevaricazione.

• Contro la precarietà e la solitudine: conobbe la fame e la solitudine, e affrontò la precarietà economica e una salute cagionevole fin dall’infanzia. Combatté per il sostentamento, lavorando nel laboratorio artigianale del padre. Dopo la perdita della madre e l’allontanamento dal padre, dovette lottare per la sua indipendenza economica e abitativa. La sua resilienza la rende patrona “non ufficiale” di chi vive “ai margini”, ma non se ne lascia definire.
Maria Francesca, pur essendo una “bizzoca” (una “monaca di casa” che vestiva l’abito di terziaria francescana alcantarina ma viveva nel mondo), trasformò la sua umile casa – un bugigattolo nei vicoli – in un cenacolo di carità e di preghiera, accogliendo malati, poveri e disperati.

La Santa come compagna di viaggio oggi

Oggi, in un mondo segnato dalla crisi spirituale e sociale, la vita di Maria Francesca offre una profonda apertura alla vita interiore.
• Modello di resilienza contemplativa nell’azione: Maria Francesca ci insegna che si può mantenere uno sguardo contemplativo sul mondo, pur immersi in mille occupazioni quotidiane. Nonostante le continue prove, non si chiuse nel rancore, ma seppe volgere tutto al bene attraverso la fede.
Per chi oggi vive la fatica e la solitudine, lei ci ricorda che la fede può essere un atto di resistenza. Accettò di conformare la sua vita al Crocifisso, e proprio da questo sacrificio scaturì una “vittoria: un’umanità nuova che ancora oggi attrae, consola, protegge”.
• La santità non è perfezione, ma presenza: la Santa dei vicoli ci invita a ridefinire cosa sia la santità. Ella ricorda che la santità non è perfezione, ma presenza. Ci esorta ad avere fede e fare opere buone e sante. La sua fede semplice era improntata sulla fiducia e l’abbandono in Dio. Trovava rifugio nella comunione spirituale quando le era proibita l’Eucaristia, e consolazione nell’amore all’umanità del Verbo Incarnato (Gesù bambino) e nella devozione profonda a Maria.
 La speranza che nasce dal corpo ferito: Maria Francesca è venerata in modo speciale come la Santa della maternità. Il suo santuario è meta di pellegrinaggio per trovare conforto. Le donne che desiderano diventare madri si siedono sulla celebre “sedia della fertilità”, un atto che simboleggia la fede che si intreccia con il desiderio, la speranza che nasce dal corpo.
Sebbene quella sia la “sedia della fede”, sulla quale Maria Francesca rinnovò il proprio “sì” a Cristo, la forza di questo rito sta nel trasformare il dolore, l’attesa, e la sterilità in una preghiera di speranza. È una donna fragile che, proprio grazie alle sue sofferenze e al suo corpo martoriato, divenne protettrice della vita nascente.

Per le donne contemporanee che affrontano sfide immense, Maria Francesca non è solo una figura storica, ma una compagna di viaggio e un faro. Ci insegna che il sacro può nascere anche nei luoghi più fragili e che il meraviglioso disegno di Dio è quello di volerci lieti annunciatori di speranza.

Sei pronto, anche tu, a fare della fede il tuo più alto “atto di resistenza nel bene” durante vita quotidiana?

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