San Camillo de Lellis lo conosciamo tutti perché non c’è ospedale in cui non sia presente la sua immagine. Insieme a san Giovanni di Dio, infatti, è il protettore degli infermi, degli infermieri e degli ospedali. Ma quanto ne sappiamo davvero di lui? Vedere la grande croce rossa sul suo petto ci fa pensare subito a una vita spesa per i fratelli nella dedizione generosa e nell’amore gratuito per il prossimo. E, chissà, forse crediamo che lui, essendo santo, ha vissuto la sua vocazione senza le difficoltà che noi, ogni giorno, viviamo e soffriamo. Non è proprio così…
Una giovinezza turbolenta
Camillo nasce a Bucchianico (Chieti) il 25 maggio 1550, in una famiglia dell’aristocrazia abruzzese. Nonostante la sua condizione privilegiata si perde nel gioco d’azzardo e nelle risse. Consuma la gioventù nelle taverne e quando è sobrio segue il padre nei presidi militari diventando un soldato di ventura. La vita disordinata e il vizio del gioco lo trascinano della miseria. Oggi diremmo, senza poter essere smentiti, che diventa un barbone: vive per strada e vaga senza meta.
Una conversione profonda
Il suo vagabondare lo conduce, intorno al 1575, al Convento dei Cappuccini di Manfredonia e i frati lo accolgono come tutto fare. Ha, così, inizio la sua conversione profonda. A causa della ferita a un piede deve ricoverarsi nell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma e, proprio qui, scopre la sua vocazione. Si mette al servizio dei malati e, successivamente, diventa economo e Maestro di Casa.
Al servizio degli ultimi
All’ospedale di San Giacomo vengono “parcheggiati”, come fossero pacchi, i casi più disperati, quelli senza speranza, quelli che tutti gli altri rifiutano. Nel continuo contatto con “lo scarto” della società, Camillo si lascia coinvolgere in un movimento di dono e abnegazione che lo portano, nel 1582 a fondare, insieme a cinque compagni, la Compagnia dei Ministri degli Infermi.
La sua opera si diffonde nel momento in cui si trasferisce nel convento della Chiesa della Maddalena e inizia a occuparsi anche dei malati dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia, sempre a Roma.
Nasce l’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi
A Roma, Camillo ha la gioia di poter studiare sotto la santa guida di Filippo neri e di consacrarsi a Dio; nel 1591 la Compagnia dei Ministri degli Infermi riceve l’approvazione ecclesiastica nominandosi Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi.
Quello che Camillo chiede è che insieme ai voti di castità, povertà e obbedienza, i suoi figli emettano un quarto voto, quello di assistenza dei malati anche con pericolo della vita.
Le “Regole per ben servire gli infermi”
Quella di Camillo è una vera rivoluzione. Infatti, nel suo tempo “gli incurabili” erano affidati ai criminali che dovendo scontare delle pene, erano costretti a lavorare in questi ospedali che, prima dell’arrivo del Santo, erano veri e propri inferni.
Camillo scrive le “Regole per ben servire gli infermi”, sottolineando l’importanza, nel trattare i malati, dell’amore, della pazienza e della dedizione. Ancora oggi questo testo è una guida imprescindibile per coloro che sono chiamati ad assistere i malati.
Inoltre, chiede ai confratelli anche una preparazione scientifica adatta per intervenire al meglio nelle situazioni che incontrano.
San Camillo de Lellis muore il 14 luglio del 1614 eppure, ancora oggi quella del suo Ordine è un’azione fondamentale in tutto il mondo. La sua eredità continua a ispirare coloro che lavorano nel campo della salute e il suo esempio è uno stimolo continuo per i giovani che si sentono chiamati a dare la vita nel servizio ai fratelli malati e bisognosi.