Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” maggio-giugno 2023
Domenica di Pentecoste (s) (A)
propria
Messa vespertina con la celebrazione vigiliare prolungata
PRIMA LETTURA
Dal libro della Gènesi (Gen 11, 1-9)
Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Gli uomini, che parlano un’unica lingua, vogliono costruire una grande città e una torre la cui cima tocchi il cielo. Fin qui, niente di male. Il problema sorge nella motivazione che viene dichiarata subito dopo: «Facciamoci un nome». In realtà gli uomini avevano già un nome, quello di figli di Dio, ma avevano smarrito la docilità, la fiducia, lo spirito di obbedienza. Vogliono fare da soli. Per questo Dio scende e decide di “confondere le loro lingue”. Questa non è una punizione, al contrario è la condizione per ritrovare poi, in seguito, lo spirito di unità nell’unico modo vero: il risentirsi figli di Dio, docili e santi, sotto l’azione dello Spirito Santo. Possiamo essere sì un solo popolo, ma possiamo trovare questa dimensione solo nella Chiesa, laddove noi siamo tutti fratelli e tutti figli di un solo Padre. Allora sì che le diverse lingue troveranno un accordo vero, e le genti supereranno le barriere per diventare un solo popolo, il popolo di Dio, ossia la Chiesa. È il nostro tempo e anche il nostro impegno: amarci tra di noi e riconoscerci figli di un solo Padre in Cristo Gesù.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell’Èsodo (Es 19,3-8a.16-20b)
In quei giorni, Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Si descrive in questo passo dell’Esodo una delle scene più importanti del viaggio d’Israele nel deserto verso la Terra promessa: Dio chiama Mosè sul monte per ricevere le tavole della Legge. La scena è grandiosa: il monte che emana fumo e fuoco «tremava molto». Da quel momento, nel ricevere il dono del Decalogo, Israele diviene un vero popolo, con una sua “carta costituzionale” e una identità ben precisa. Tale evento prefigura la futura Pentecoste: scende il fuoco dall’alto, Dio dona la nuova legge, non più scritta su tavole di pietra, ma nei cuori degli uomini. Si costituisce il nuovo popolo, il nuovo Israele, che è la Chiesa. Le due scene dunque si richiamano ed è giusto che nel giorno di Pentecoste noi meditiamo sul fatto che all’antica Legge si sostituisce la nuova, donata nello stesso modo al nuovo popolo. La legge dunque viene dall’alto, ci costituisce Chiesa, ci fa camminare secondo le direttive di Dio e ci guida nel regno dei cieli. Meditiamo allora sull’identità che riceviamo nel giorno della Pentecoste: noi lì nasciamo come Chiesa e come vero popolo di Dio.
TERZA LETTURA
Dal libro del profeta Ezechièle (Ez 37,1-14)
In quei giorni, la mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio. – Parola di Dio.
Commento alla terza lettura
Il significato della grandiosa visione di Ezechièle è duplice. Il primo riguarda lo spirito di coraggio che viene infuso di nuovo in un popolo che, durante l’esilio in Babilonia, si sente perduto, senza più terra, senza più culto, senza più un’identità. No, dice Ezechièle: Dio farà rivivere cadaveri che sembrano morti (ossia senza speranza) e gli Israeliti, finalmente purificati dalla penitenza, torneranno come prima nella loro terra. Poi succederà che essi non riusciranno a rimanere fedeli, ma questo è un altro discorso, che ci apre alla seconda prospettiva: la vera rinascita, la vera risurrezione, non è semplicemente il ritorno storico nella Terra Santa, ma una nascita per una vita nuova, ossia la grande novità dello Spirito Santo infuso nei nostri cuori. Sullo sfondo, allora, vi è anche la risurrezione dai morti, che fu del Cristo prima, ma che sarà per tutti alla fine dei tempi. Già da ora noi possediamo la caparra dello Spirito Santo, «per essere santi e immacolati» (Ef 1,4) in questa vita terrena e, se vivremo nello Spirito, i nostri corpi poi risorgeranno alla fine per la vita beata del cielo.
QUARTA LETTURA
Dal libro del profeta Gioèle (Gl 3,1-5)
Così dice il Signore: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonderò il mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato». – Parola di Dio.
Commento alla quarta lettura
Questa visione del profeta Gioèle non pare riferirsi direttamente alla Pentecoste, perché viene detto che Dio effonderà il suo spirito sopra ogni uomo e, per sottolineare questa totalità, dice che anche gli schiavi – persone cui non era permesso chiedere alcunché – riceveranno lo spirito. Dunque, Dio effonderà tale spirito su tutti gli uomini, ma noi sappiamo che lo Spirito Santo viene dato a coloro che lo chiedono, attraverso il sacramento del Battesimo o gli altri sacramenti. Qui allora si intende un dono di conoscenza per tutti gli uomini, a prescindere dalla loro accoglienza. Si può intendere che Dio donerà a tutti lo spirito capace di conoscere il Cristo, tutti verranno a sapere che in Gesù Dio si è rivelato come salvatore, in Gesù viene comunicata la vita divina. Tutti lo sapranno, se non da un annuncio esterno, lo ascolteranno dalla voce del cuore, perché Dio non permette che gli uomini rimangano nell’ignoranza riguardo a lui stesso. Ecco allora che, conosciuto Dio come salvatore, basta invocare il suo nome per essere salvati, basta compiere un atto sincero di fede in lui.
EPISTOLA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,22-27)
Fratelli, sappiamo che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio. – Parola di Dio.
Commento all’epistola
Quando noi riceviamo lo Spirito Santo nel Battesimo e continuamente nella santa Comunione, tutta la creazione esterna si rivolge a noi supplicando di essere salvata anch’essa. Noi non la sentiamo, perché ci pare che lo Spirito Santo che ci è dato riguardi solo il nostro rapporto personale con Dio, come se gli altri ne fossero esclusi. Ma Dio è comunione perfetta, Dio è carità, egli vuole tutti salvi. E per “salvare” la creazione che cosa dobbiamo fare? Amarla. Amando tutto quello che ci circonda, noi assumiamo in noi le cose amate, le facciamo nostre, e se Dio ci “assume” in sé, egli prende anche tutto quello che trova in noi. In questa maniera poi possiamo essere partecipi della salvezza del mondo e dei fratelli. Lo Spirito Santo mette i nostri cuori in una condizione quasi impossibile: siamo partecipi della salvezza del mondo! Questo ci costa un grande impegno, ma non ci spaventiamo: Dio in noi ci farà amare in modo nuovo, totale, in una maniera tale da poter amare anche i nemici. L’impegno del cristiano è dunque quello stesso di Dio: amare senza misura, persino le croci della vita.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 7,37-39)
Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato. – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Di solito lo Spirito Santo viene raffigurato come fuoco e, infatti, nella Pentecoste lo Spirito scende sugli apostoli sotto forma di lingue di fuoco, per cui si parla sovente del “fuoco dello Spirito”. Questa volta esso viene invece raffigurato dall’acqua, come sottolinea l’Evangelista: «Questo egli disse dello Spirito». Di per sé, lo Spirito Santo non è né fuoco né acqua, ma questi elementi della natura descrivono l’azione della grazia: mentre il fuoco purifica e riscalda, l’acqua disseta e dà vita; senz’acqua non si vive (senza fuoco invece sì). Dunque, il simbolo è chiaro: non si può vivere la vita, quella vera, quella eterna, senza avere in sé lo Spirito di Dio. Al tempo stesso l’acqua lava, toglie la sporcizia, rinfresca le membra accalorate. Dunque, ricevere lo Spirito Santo significa sia essere purificati dai peccati che entrare nella vita eterna. E tutto questo dipende da Gesù: «Chi ha sete venga a me». Non bisogna andare da qualcun altro, perché è lui che ce lo ha ottenuto con il suo sacrificio della croce e il suo amore per gli uomini. «Il Padre darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (Lc 11,13). Lo Spirito va dunque chiesto! Non agisce in automatico, ma occorre volerlo.
Alla Messa del giorno
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 2,1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Il primo effetto dello Spirito Santo è la “glossolalia”, ossia la capacità di parlare in altre lingue. Può sembrare strano, anche perché oggi questo fenomeno non c’è più: se uno viene battezzato non comincia a parlare improvvisamente in dieci o venti lingue nuove. Eppure questo fu il primo e immediato effetto della Pentecoste: la parola detta in aramaico (la lingua degli apostoli) veniva intesa da persone di altra nazionalità. Si dice questo anche di padre Pio: un tedesco che si confessò da lui testimoniò che il padre parlava tedesco, ma in realtà egli non conosceva affatto tale lingua: egli parlò in italiano e il tedesco intese in tedesco. Lo Spirito Santo, dunque, fa intendere le parole divine al di là delle capacità di colui che parla. Questa è la potenza del Vangelo, annunciato con franchezza: arriva nei cuori e li colpisce, perché l’anima intende il linguaggio di Dio, essendo da lui creata. Il santo Curato d’Ars balbettava, ma convertiva; magari un grande sapiente, ma non santo e pieno di sé, dice cose elevate, ma non scalda i cuori: egli non parla secondo lo Spirito. Il linguaggio di Dio è quello dell’amore e tutti lo capiscono immediatamente: ecco l’effetto della Pentecoste.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 12,3b-7.12-13)
Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Lo Spirito Santo ha la straordinaria capacità di comporre le cose diverse nell’unità, in modo che tutto funzioni a meraviglia senza che vi siano contrasti tra le parti. San Paolo fa l’esempio del corpo umano, ma possiamo prendere anche a mo’ di paragone l’orchestra. In questa ci sono tanti strumenti: i violini, le trombe, i flauti, il pianoforte, eccetera. Ognuno suona una parte diversa che, se presa da sola, sarebbe parziale, povera, forse anche monotona. Ognuno deve studiare la propria parte al meglio e al tempo stesso sperare che anche gli altri suonino il loro spartito alla perfezione. Il violino non invidia l’oboe, il fagotto non invidia il violoncello: è già troppo impegnato a considerare quanto deve fare. Poi, al momento dell’assemblaggio… meraviglia delle meraviglie: il suono che viene dall’insieme è qualcosa di inimmaginabile ai singoli strumenti. Noi siamo i suonatori; lo spartito l’ha scritto Dio, il direttore d’orchestra è la santa Chiesa, che deve dirigere e coordinare. Il suono, la melodia finale, è la voce dello Spirito Santo, che è l’Amore. Ma c’è bisogno di tutti!
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-23)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
In san Giovanni la Pentecoste non viene descritta come negli Atti degli Apostoli, con le lingue di fuoco che si depositano su ognuno degli apostoli riuniti nel cenacolo. Nell’autore del IV Vangelo il dono dello Spirito Santo avviene per opera diretta del Cristo, cosa che non appare invece nella descrizione classica della Pentecoste lucana. È chiaro che Gesù è presente anche nel momento rappresentato con il fuoco che scende dall’alto, ma in Giovanni si manifesta meglio il dono che viene non tanto dall’“alto”, ma dal Signore Gesù stesso, in persona. I momenti (in Luca e in Giovanni) si verificarono entrambi, non c’è nessun errore: semplicemente questo dono dello Spirito per gli apostoli significa la trasmissione diretta del potere sacerdotale di rimettere i peccati. Nessun uomo può togliere un peccato a un altro uomo; solo lo Spirito Santo lo fa. Gli apostoli partecipano pertanto a questa prerogativa, che è propria di Dio, ricevendo da Dio il suo Spirito, che viene “soffiato”, dato e trasmesso come vera sostanza del Signore dopo la sua risurrezione. Lo Spirito Santo è l’Amore del Padre e del Figlio: il perdono dei peccati è, quindi, un atto di amore divino, vera potenza della Pentecoste.