Il beato Carlo Acutis aveva ideato e realizzato una bellissima mostra itinerante sui Miracoli Eucaristici. Questa mostra continua a girare l’Italia e il mondo; tutti i miracoli eucaristici presenti alla mostra sono stati riuniti nel libro I miracoli eucaristici nel mondo, dal quale questo testo è tratto.
In ambedue i miracoli eucaristici di Asti, dall’ostia consacrata sprizzò vivo sangue. Numerosi sono i documenti che confermano i due prodigi.
Nel primo miracolo il vescovo di Asti, monsignor Scipione Roero, fece subito redigere un atto notarile, e il papa Paolo III, con un breve apostolico datato 6 novembre 1535, accordò l’indulgenza plenaria a chiunque avesse visitato la chiesa di San Secondo nel giorno dell’anniversario del prodigio.
1535
Il 25 luglio del 1535, mentre il pio sacerdote Domenico Occelli, verso le ore 7:00 celebrava la santa Messa presso l’altare maggiore della collegiata di San Secondo, giunto alla frazione dell’ostia, la vide lungo tutta la lunghezza della frattura imporporarsi di vivo sangue. Tre gocce caddero nel calice e una quarta rimase all’estremità dell’ostia. Inizialmente don Domenico continuò la celebrazione della Messa. Quando staccò la parte di ostia che doveva mettere nel calice vide uscire da questa altro sangue. Stupefatto si rivolse agli astanti e li invitò ad avvicinarsi presso l’altare a vedere il prodigio. Quando il sacerdote prese l’ostia per consumarla, questa, scomparso il sangue, riprese subito il suo naturale candore. Questo fu lo svolgimento dei fatti secondo la traduzione della relazione ufficiale, inviata dal vescovo di Asti, monsignor Scipione Roero, alla Santa Sede e riprodotta nel breve apostolico in data 6 novembre 1535 con cui papa Paolo III concesse l’indulgenza plenaria a quanti «nel dì commemorativo del miracolo visiteranno la chiesa del Santo e reciteranno tre Pater e Ave secondo l’intenzione del Pontefice».
Secondo un altro documento, riprodotto in un’iscrizione marmorea, in quell’occasione, alla vista del miracolo alcuni soldati eretici si convertirono. In quel tempo Asti si trovava sotto la dominazione dell’imperatore Carlo V e molte delle sue truppe risiedevano in città. Questa narrazione, oltre che negli archivi vaticani, da cui fu estratta una copia nel 1884 per istanza del canonico Longo, si trova anche riportata nel libro della Compagnia del Santissimo Sacramento istituita fin dal 1519 nella collegiata di San Secondo. Altre testimonianze del prodigio sono il quadro presente nella cappella del Crocifisso, che raffigura il miracolo e che risale al XVI secolo, e l’iscrizione marmorea in cui è scritto: «Hic ubi Christus Ex sacro pane Effuso sanguino Exteram vi traxit fìdem Astensem roboravit – Qui Cristo dal sacro pane avendo sparso sangue trasse con forza estranei alla fede e confermò quella degli Astigiani».
1718
La mattina del 10 maggio 1718 il sacerdote Francesco Scotto si recò presso l’Opera Milliavacca per celebrare la santa Messa. Erano circa le 8:00. La chiesa dell’istituto era divisa in due parti, l’anteriore, in cui potevano intervenire gli estranei, e la posteriore, dietro l’altare, riservata alle convittrici. Nella parte anteriore, cioè davanti l’altare, si trovava solo il notaio Scipione Alessandro Ambrogio, cancelliere vescovile e tesoriere dell’istituto. Nella parte posteriore della chiesa si trovavano invece le convittrici. Quando il sacerdote giunse all’elevazione dell’ostia, il dottor Ambrogio si accorse che l’ostia era rotta in due parti. Appena il sacerdote elevò il calice, l’uomo, convinto che un’ostia spezzata non fosse materia valida, si avvicinò all’altare per avvertire il sacerdote, e corse subito a prendere un’altra ostia in sagrestia. Nel frattempo il celebrante sollevò con le dita l’ostia e la trovò realmente divisa a metà, e con suo infinito stupore vide il profilo longitudinale delle due parti tutto vermiglio di sangue, più il piede del calice e la coppa macchiate di sangue e alcuni piccoli spruzzi sanguigni sul corporale stesso. Ambrogio intanto era arrivato con la nuova ostia e si accorse che l’altra sanguinava. Subito si mise a piangere. Il notaio corse subito a chiamare il canonico Argenta, confessore dell’istituto, il teologo Vaglio e il penitenziere Ferrero, che furono anch’essi diretti testimoni del prodigio.
Contemporaneamente a questi giunsero anche gli altri sacerdoti e tre medici della città, i dottori Argenta, Volpini e Vercellone, i quali attestarono con giuramento che quelle chiazze rosse erano vero sangue. Tra i presenti uno fu colto dal dubbio che il sangue potesse provenire dal naso o dalla bocca del sacerdote, ma alcuni chirurghi presenti, dopo minuta osservazione, esclusero ogni dubbio in proposito. Intervenuto poi il provicario col segretario della curia e il vicario dell’Inquisizione, R. Bordino, di comune accordo si stese una regolare relazione del miracolo. Un’altra importante prova dell’autenticità del miracolo ci è fornita da un documento che dice come monsignor Filippo Artico, vescovo d’Asti, nel 1841 fece esaminare il calice e l’ostia del miracolo da alcuni periti fisici che confermarono l’origine ematica delle macchie rosse. L’Opera Pia Milliavacca ha conservato gelosamente le testimonianze del prodigio: il calice con macchie di sangue, l’ostia della celebrazione purtroppo corrotta e ridotta a un velo, la patena, il corporale e la coppa d’argento dorato.