«Bisogna smettere di armare il mondo». Giorgio La Pira: un costruttore di pace

«Bisogna smettere di armare il mondo». Giorgio La Pira: un costruttore di pace

Giorgio La Pira

«Beati i costruttori di pace», dice Gesù nelle beatitudini e oggi il mondo ha tanto bisogno di uomini di pace: nel mondo risultano attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questo è il dato che emerge dall’edizione 2024 del Global peace index, pubblicato a giugno dall’Institute for Economics & Peace.
Gli scenari che abbiamo tutti più tristemente presenti sono quelli del conflitto tra Russia e Ucraina e tra Israele e Palestina.

Un uomo di pace: Giorgio La Pira

E allora questo nostro tempo ha bisogno di riscoprire la figura e il messaggio di Giorgio La Pira. Nella sua vita spicca l’eccezionale personalità di un uomo ispirato dalla vocazione, votato alla pace e alla fratellanza, che seppe coniugare gli ideali del cattolicesimo con il valore di realizzazioni tangibili: «Il pane, e quindi il lavoro, è sacro; la casa è sacra, non si tocca impunemente né l’uno né l’altra: questo non è marxismo, è Vangelo». Nato nel 1904 a Pozzallo (RG), nel 1951 la città di Firenze lo sceglie come nuovo sindaco, e qui La Pira mette in opera il suo personalissimo, innovativo programma politico, per costruire una città a misura d’uomo, difendendo con energia i più deboli, i senza casa, i lavoratori. «Sperare contro ogni speranza» era il motto che animava sempre il suo operato, sostenuto incessantemente da una forte esperienza di preghiera. La fede fortissima che sempre lo ha sostenuto guida anche la sua azione politica: egli vive la politica come una vocazione e come un servizio capace di contribuire a un mondo migliore.

L’impegno contro il disarmo

In questo senso va letto il suo impegno contro il disarmo, di cui ci dà testimonianza la sua fitta corrispondenza: nelle sue lettere, egli spessissimo richiama la necessità del disarmo come unica “arma” per fronteggiare la guerra.

Firenze, 24 dicembre 1966: Paolo VI, in visita alla città alluvionata, incontra La Pira e il cardinale E. Florit.
Vallombrosa, estate 1977: La Pira a Metato, casa estiva per la gente del quartiere di S. Frediano (il quartiere di F. Mazzei), pochi mesi prima della morte.

La lettera a Pio XII

Nel 1956, dopo la crisi del canale di Suez, La Pira scrive una lettera a Pio XII: «Vi dico subito, Beatissimo Padre, quale è la “intuizione” che da qualche tempo fiorisce sempre più chiaramente nella mia anima. Questa: il Mediterraneo è il lago di Tiberiade del nuovo universo delle nazioni: le nazioni che sono nelle rive di questo lago sono nazioni adoratrici del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe; del Dio vero e vivo. Queste nazioni, col lago che esse circondano, costituiscono l’asse religioso e civile attorno a cui deve gravitare questo nuovo Cosmo delle nazioni: da Oriente e da Occidente si viene qui: questo è il Giordano misterioso nel quale il re siro (e tutti i ‘re’ della terra) devono lavarsi per mondarsi della loro lebbra!» (maggio 1958).

L’ultima lettera ad Andreotti

L’ultima lettera di La Pira a Giulio Andreotti, è un invito stringato ed efficacissimo a lavorare per il disarmo: «Andreotti deve impegnarsi anche lui, a nome dell’Italia, contro la bomba al neutrone. A qualunque costo bisogna smettere di armare il mondo per distruggerlo. Fraternamente. La Pira». Questo scritto è datato 11 agosto 1977, pochi mesi prima della sua morte (la Pira muore il 5 novembre 1977).
«Bisogna smettere di armare il mondo», questo è il grido di La Pira ed è un grido che ancora, soprattutto oggi, risuona con forza: armare il mondo significa distruggerlo con le nostre stesse mani; dobbiamo invece lavorare per la pace e ricordare che i primi passi in questo senso sono semplici e quotidiani: basta un sorriso, basta una mano tesa e si è già costruttori di pace.


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