Nel Vangelo di Giovanni entra in scena il “discepolo che Gesù amava”: di chi si tratta?
L’articolo ci guida alla scoperta di una delle figure di spicco fra gli apostoli, autore del quarto Vangelo, testo caratterizzato da un linguaggio teologico molto raffinato, ma soprattutto dove entra in scena per sei volte il “discepolo che Gesù amava” (Gv 13,23; 19,26; 20,2; 21,7.20.24). La tradizione ha individuato in Giovanni il discepolo amato e in lui ha riconosciuto tutti noi, assetati di amore, che camminiamo dietro a Gesù.
Nella sua vita di apostolo ed evangelista ci sono alcuni episodi che sono di grande aiuto per il nostro cammino di fede, per sperimentare la presenza viva ed operante di Gesù in noi, con noi e per noi.
L’inizio di un’avventura entusiasmante
«Il giorno dopo Giovanni [Battista] stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,35-39).
Così incomincia per Giovanni un’avventura entusiasmante a fianco del Maestro. Seguire Gesù è la sintesi dell’esperienza di ogni battezzato. Essa non è un insieme di belle teorie; è seguire una persona, Gesù, perché lo si ama. Tuttavia, ci vuole del tempo prima che l’incontro diventi conoscenza, e la conoscenza intimità.
Insieme a Pietro e a Giacomo, Giovanni è testimone privilegiato, per volere di Gesù, di alcuni degli avvenimenti più importanti: la risurrezione della figlia di Giairo, capo della sinagoga di Cafarnao; la trasfigurazione sul monte Tabor, in cui i tre discepoli assistono al manifestarsi della gloria divina di Gesù; la sua preghiera nell’orto del Getsèmani, poco prima di consegnarsi per essere processato e condannato. Giovanni insomma, come pochi altri, riesce a entrare in relazione profonda con il Maestro.
L’intimità con Gesù
Giovanni, nel Vangelo che egli scrive, preferisce riferirsi sé stesso come “il discepolo che Gesù amava”: per dire che questo è il suo nome effettivo, che questa è la sua vera identità. Egli si definisce cioè proprio in relazione all’amore di Gesù: egli è conquistato dall’amore di Cristo e in esso ha trovato il suo senso più profondo. Quello di Giovanni è l’atteggiamento di chi sa ascoltare il cuore del Signore per lasciarsi generare ogni giorno da lui, per lasciarsi plasmare dalla sua mentalità e per lasciarsi abitare dai suoi sentimenti.
Insomma, alla scuola del cuore di Cristo il giovane discepolo fa esperienza e impara l’amore di Dio: nell’Ultima cena lo vediamo poggiare la testa sul petto, sul cuore, o meglio, secondo il termine greco, «nel grembo di Gesù». Momento travolgente, commovente e indimenticabile in cui egli sente i battiti del cuore del suo Maestro poche ore prima della sua morte.
In quel momento egli è testimone sia della sofferenza profonda e sia dell’amore incondizionato che Gesù nutre nei confronti di tutti noi, anche se siamo peccatori e traditori. È così che Giovanni inizia a comprendere il modo in cui il Signore intende amare i suoi «fino alla fine» (Giovanni 13,1), fino alla morte di croce.
Questo è ciò che possiamo fare anche noi: posare il nostro capo sul cuore di Gesù per sentirci amati, capiti, consolati, perdonati, guariti.
Il discepolo amato e “amante”
Proprio perché Giovanni ha imparato dal suo Signore, che vedrà risorto il giorno di Pasqua, cosa significa amare, dobbiamo a lui la rivelazione del vertice dell’amore. Gesù Cristo è venuto a manifestarci che: «Dio è amore» (1Gv 4,8.16)
Giovanni ha compreso che il segno dell’essere discepoli del Maestro è di amare Dio e di amare tutti gli altri come egli ha amato noi. Conoscere Gesù non significa solo capire i suoi insegnamenti e metterli in pratica, ma significa vivere in intimità con lui nella preghiera, nell’ascolto della sua Parola, nel cercare di compiere la sua volontà nella concretezza della nostra vita, nell’amare gli altri incondizionatamente. Chi sceglie di amare, decide di fare sua la stessa logica del Maestro che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita.
Da amato Giovanni diventa “amante” e fino al termine della sua lunga vita si dedicò alla missione che lo aveva conquistato da giovane, quando per la prima volta, alle quattro di un pomeriggio assolato, era stato invitato a fermarsi presso Gesù, la missione di far conoscere a tutti l’amore di Dio, un amore che egli ha ricevuto direttamente dal cuore di Cristo su cui aveva potuto poggiare il capo.
Anche il nostro cuore è chiamato a diventare un cuore che ama tutti, che ama sempre, che ama gratuitamente così come ama Cristo.
Giovanni è amato, così come tutti noi siamo amati in un modo particolare dal Signore. Allora riconosciamo di essere amati di un amore infinito, malgrado la nostra fragilità, la nostra debolezza, il nostro egoismo e la nostra pigrizia, perché questa è la novità portata da Cristo che dovrebbe abitare in noi.
Concludiamo interrogandoci: Sono consapevole di essere anch’io “il discepolo amato”? Cosa vuol dire per me oggi essere “il discepolo amato”?
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