Continua la collaborazione tra don Alessio Fucile, esperto di arte, e il blog Shalom. Don Alessio ci guiderà per approfondire i momenti più importanti dell’anno liturgico attraverso delle bellissime opere d’arte che, oltre a suscitare in noi meraviglia per il loro splendore, possono aiutarci a comprendere meglio le Sacre Scritture e il messaggio di Gesù.
Don Alessio presenta oggi “Ingresso di Gesù a Gerusalemme” di Duccio da Buoninsegna, che si può ammirare al Museo dell’opera del Duomi di Siena, in occasione della Domenica delle Palme, che ricorre domani.
Il Maestro della Scuola Senese
Duccio da Buoninsegna (Siena, circa 1255 – Siena, circa 1319) è riconosciuto come il primo grande maestro della scuola senese. Il suo stile si è evoluto da un’iniziale adesione agli stilemi dell’arte bizantina e gotica verso un approccio più aggiornato, influenzato dalla lezione di Giotto, in particolare nella resa più accurata della prospettiva e delle volumetrie dei personaggi. Il suo capolavoro, la Maestà del Duomo di Siena, di cui l’opera in esame è uno dei pannelli, rappresenta uno dei massimi esempi dell’arte italiana del Trecento. Questa magnifica opera d’arte, una vera e propria macchina d’altare, è considerata la più grande pala mai realizzata nella storia dell’arte italiana.
Un Episodio Biblico Vivido
L’episodio dell’entrata di Gesù a Gerusalemme, che precede la sua passione e morte, è uno dei più noti della vita di Cristo ed è narrato nei quattro vangeli canonici. L’arrivo in città di Gesù viene accolto con entusiasmo da una folla festante che agita rami di palma e stende mantelli e fronde per terra in segno di omaggio, acclamandolo con parole profetiche: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Mt 21,9).
Colori, simbolismo e dettagli iconografici
Per questa scena, Duccio ha utilizzato il doppio dello spazio rispetto agli altri pannelli dedicati alla vita di Cristo. I colori vivaci su un fondo oro attirano immediatamente l’attenzione; quest’ultimo elemento è un retaggio della tradizione bizantina. Nell’opera, Cristo è raffigurato mentre entra in città seduto su un asino, accompagnato dal suo puledrino – una rappresentazione fedele al racconto biblico. La folla lo accoglie con gioia; tra loro si distinguono gli apostoli, di cui si riconosce Pietro, con barba e capelli bianchi e vestito con mantello verde, sono soltanto undici, manca Giuda che l’artista ha preferito non rappresentare. Si vede un ragazzo che taglia fronde da un albero e li porge ad altri personaggi in basso, altri ragazzini stendono mantelli e agitano rami al passaggio di Gesù in segno di rispetto. Un altro ragazzo si sta arrampicando con incedere curioso su un albero più piccolo. Dalla bocca dei bimbi e dei lattanti s’innalza la lode a questo re Messia che viene, come canta il profeta, sul dorso di un asino, cavalcatura dei re nei tempi di pace: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlia d’asina” (Zc 9,9).
Simbolismo e contesto urbano
L’albero più grande appena sopra la testa di Cristo allude alla croce, destino che lui stesso ha scelto per la salvezza di ogni uomo. L’alberello più piccolo che compare dietro il nimbo di Gesù, dissecato e privo di foglie, fa riferimento al fico sterile che Cristo trovò senza frutti (cfr. Mc 11,12-14). La costruzione ancora più sopra, che ricorda il vecchio Battistero di Siena, rimanda invece al tempio di Gerusalemme, simbolo in questo caso della Resurrezione di Cristo, come ricordato nel Vangelo di Giovanni: “Distruggete questo Tempio! In tre giorni lo farò risorgere […]. Gesù parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,19-21). Il Tempio, la strada lastricata, i merli, le feritoie della cinta muraria, le altre costruzioni all’interno della città, dipinte da Duccio in maniera meticolosa, rimandano alla Siena a lui contemporanea, espediente per coinvolgere emotivamente gli spettatori e farli sentire parte attiva dell’episodio evangelico rappresentato.
Il Getsemani e il Monte degli Ulivi
La porticina in basso in primo piano, posta sotto la grande porta urbica, indica l’orto del Getsemani, situato alle pendici del monte degli Ulivi: era infatti verso il monte degli Ulivi che Cristo mandò i discepoli a procurargli l’asina, e al monte degli Ulivi, quattro giorni dopo, sarebbe stato arrestato e condotto al giudizio (cfr. Mt 21,1; Lc 22,39). Le due porte – una gremita di folla, l’altra vuota, allusiva alla solitudine dell’ora di crisi interiore di Gesù – riassumono il paradosso di quest’ingresso messianico. I volti dei personaggi più vicini alla porta sono più grandi rispetto a quelli che sono rappresentati in primo piano, un espediente per dimostrare la differenza di età e di estrazione sociale. Inoltre, si nota che sono soltanto i bambini quelli che veramente vanno incontro a Gesù. Qualcuno tra gli adulti sembra addirittura voler frenare il loro impeto gioioso. Gli adulti della folla rimangono per lo più titubanti e in un atteggiamento di ambiguità che è già premessa di quanto avverrà nel giorno dell’arresto. Questi stessi volti, infatti, che solo apparentemente qui ora cantano l’Osanna nei confronti di Gesù, chiederanno a gran voce, tra non molti giorni, la sua crocifissione.