Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” gennaio-febbraio 2024
6ª domenica del Tempo Ordinario (B)
2ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal libro del Levìtico (Lv 13,1-2.45-46)
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Da sempre si è vista una relazione tra la malattia della lebbra, che colpisce il corpo, e il peccato, realtà spirituale che distrugge la comunione con Dio. La lebbra deturpa l’aspetto esteriore, ma soprattutto causava, in passato, l’isolamento, perché essendo una malattia facilmente trasmissibile, il povero lebbroso doveva vivere fuori dal contesto sociale, non vedere più nessuno, sperare miracolosamente nella guarigione o attendere la morte nella desolazione. Sul piano spirituale, vediamo che il peccato ha lo stesso effetto: rende “brutto” l’uomo, lo deturpa interiormente, lo fa vivere fuori dal contesto sociale delle persone in grazia di Dio, lo porta a uno spaventoso isolamento che sarà, se tale stato non verrà risanato prima, l’isolamento assoluto dell’Inferno. Il lebbroso che grida, dunque, è immagine dell’uomo che invoca il Salvatore, è segno del povero che chiede misericordia, che desidera ardentemente tornare in comunione con gli altri. Quando arriverà Gesù, metterà tutto a posto, guarendo l’uomo dalla malattia vera del peccato con la sua morte e risurrezione.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 10,31 – 11,1)
Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Immaginate che il sacerdote salga sul pulpito per l’omelia e inizi con le parole: «Fratelli, vi chiedo una cosa: imitate me e sarete a posto». Immagino che gli ascoltatori penserebbero più o meno così: «Ma chi si crede di essere questo? Magari possiamo imitare Gesù, o i santi, ma proporsi lui come modello ci sembra un atto di orgoglio e vanità!». Eppure san Paolo pronunciò, anzi, scrisse proprio queste parole. In che senso allora intenderle? Paolo non si propone come esempio di vita morale, perché sapeva bene di avere dei difetti (altrove, infatti, si definirà «il primo dei peccatori»), ma si riferisce alla sua fede, ossia al suo totale coinvolgimento nella vita in Cristo. Una volta convertito sulla via di Damasco, egli non ebbe nessun altro pensiero che Cristo. Faceva tutto in lui e con lui e per lui. «Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsasi altra cosa…», tutto, tutto per la gloria di Dio. Paolo visse così. Poi, quando cadeva in qualche imperfezione o peccato, si pentiva e riprendeva imperterrito il cammino, con maggiore umiltà. Per questa sua fede, Paolo è da imitare.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Gesù guarì il lebbroso, perché ne ebbe compassione, ma appena risanato lo «ammonì severamente» e lo «cacciò via». Sembrano atteggiamenti contrastanti tra loro. Eppure, se Dio è amore, tutto è per il bene. Scrive san Giovanni della Croce che l’amore rende uguali le persone, nel senso che chi ama desidera che l’altro possa riamarlo; da ciò deriva la compassione di Cristo di fronte al lebbroso. Il Signore sa bene che quell’uomo è costretto a vivere isolato, e sente grande pena per lui. «Lo voglio!», è la parola di Dio su chiunque lo supplichi di essere purificato: in quel momento la corrente di pietà e di amore entra nel cuore del malato ed egli, guarendo, “si innalza” al livello di Dio, può tornare in comunione col prossimo, può di nuovo amare ed essere riamato. Ecco perché Gesù disse al lebbroso di non perdere tempo per la strada, ma che prima di tutto andasse a prendere il certificato di guarigione. Ma l’uomo alla fine disobbedì, non riuscendo a contenersi, e si rese responsabile del fatto che il Signore, poi, non potesse più entrare nelle altre città per guarire altri malati. La prima forma di gratitudine sia allora l’obbedienza a tutto quello che il Signore ci chiede!