Liturgia della domenica: 23 giugno 2024

Liturgia della domenica: 23 giugno 2024

Gesù placa la tempesta

Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” maggio-giugno 2024

12ª domenica del Tempo Ordinario (B)
4ª sett. salt.


PRIMA LETTURA

Dal libro di Giobbe (Gb 38,1.8-11)
Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?». – Parola di Dio. 

Commento alla prima lettura

Nel libro del Qoèlet si dice che «tutto è vanità», tutto è vapore. Allora viene la domanda: cosa è davvero importante nella vita? Se tutto è vanità, come il fiore del campo, e ti può essere tolto in un istante, allora cosa resta di me? Il libro di Giobbe aiuta a farci questa domanda seriamente. Alla fine, dopo un lungo travaglio, Giobbe arriva a dire: «Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora ti conosco personalmente». Giobbe rifiuta tutte le ipotesi dei suoi “amici” e prende l’iniziativa di muovere, dal bel mezzo del suo uragano esistenziale, parole d’accusa a Dio, che però si rilevano essere un modo di cercarlo. La cosa straordinaria è la reazione di Dio. Egli risponde a Giobbe e comincia a fargli una serie di domande, tra cui quella di oggi. In sostanza Dio gli chiede: Giobbe tu sei così sapiente d’aver capito tutto della vita? Giobbe ha una esperienza felicissima di questa reazione di Dio al suo grido, in quanto lo aiuta a collocare il suo indicibile dolore in uno scenario infinitamente più grande. Dio alla fine dirà: il mio servo Giobbe ha parlato bene di me. Giobbe è ciascuno di noi. Ciascuno di noi ha un assurdo, che non sa spiegarsi, da integrare nella sua vita.


SECONDA LETTURA

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (2Cor 5,14-17)
Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. – Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

«L’amore del Cristo ci possiede». È bellissima questa espressione. C’è tutto un programma di vita. Nella versione latina, questa espressione paolina viene tradotta con «caritas Christi urget nos». Noi traduciamo «l’amore di Cristo ci muove, ci spinge, ci possiede», ma quasi non riusciamo a dire l’intensità di quell’“urget”, che è la forza dell’uragano, del torrente in piena, dell’onda che ci domina. Con queste parole san Paolo vuole dirci che l’amore di Cristo ci tiene uniti, ci impedisce di cadere nella disperazione, ci sostiene, ci guida, ci sospinge, ci abbraccia, ci travolge, ci reclama e, talvolta, anche ci tormenta con l’inquietudine, specialmente quando ce ne allontaniamo. Se la nostra relazione con Cristo fosse fondata sul nostro amore per lui sarebbe troppo altalenante e inadeguata, ecco perché l’origine di tutto è l’amore di Cristo per noi. Questa è una realtà che ci avvolge e ci comprende: è impossibile darne una vera definizione, tanto più che il suo significato pieno lo cogliamo nel suo farsi, nel suo dipanarsi, nel suo trascinarci ad azioni che ci superano.


VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4,35-41)
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». – Parola del Signore. 

Commento al Vangelo del giorno

Ci sono aspetti interessanti della reazione dei discepoli e di Gesù. C’è una parola di Gesù che precede tutto: «Passiamo all’altra riva». Vuol dire attraversare il mare. Tutte le volte che nella Bibbia si richiama il dover attraversare il mare, il riferimento è sempre alla Pasqua. C’è un Egitto da lasciare, con i suoi pesi, con la sua comoda schiavitù: è l’invito di Gesù che ci porta verso la Pasqua. La libertà è esigente e, in certo senso, costa più della schiavitù! Dice il Vangelo che i discepoli lo presero con sé così com’era. Quando preghi: chi o che cosa stai pregando? Ti stai mettendo davanti al Signore o davanti a te stesso? Prendi sulla tua barca, più o meno sgangherata, il Signore così com’è lui e non come lo immagini? Quando prendiamo Gesù sulla barca così com’è possiamo affrontare anche le tempeste. Troppo spesso confondiamo il Signore con i nostri pensieri! Dio ci chiama verso cose impossibili, perché quelle possibili le possiamo già fare noi. Egli ci promette una vita in abbondanza, la vita eterna, di diventare come lui, figli nel Figlio. Ci promette l’impossibile. Dio fa così per amore. Questa è la sua logica. Il Signore ci chiama a qualcosa che noi da soli non siamo in grado di conquistare, ma che può essere solo accolto: vuole farci come lui finalmente capaci di amare.


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