Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” maggio-giugno 2024
13ª domenica del Tempo Ordinario (B)
1ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal libro della Sapienza (Sap 1,13-15; 2,23-24)
Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Nella Sacra Scrittura numerose citazioni mettono in relazione la morte e il peccato delle origini. Alle parole della Sapienza fanno eco quelle del Nuovo Testamento: «A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte» (Rm 5,12); «Il peccato, una volta commesso, produce la morte» (Gc 1,15). Tali affermazioni fanno intuire che se non ci fosse stato il peccato originale, non ci sarebbe stata la morte. Lo insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed entrò nel mondo come conseguenza del peccato» (n. 1008). D’altra parte, la morte è segno caratteristico della finitudine delle creature e come tale risulta un fatto naturale, quindi non è strano che la vita umana (almeno nell’orizzonte della sfera biologica) abbia termine. Se poi, nell’ottica della fede, la si intende come un passaggio dalla condizione finita alla definitiva autorealizzazione dell’uomo, essa assume persino valenza positiva.
SECONDA LETTURA
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (2Cor 8,7.9.13-15)
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno». – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Gesù mostra con la sua vita la via per andare al Padre: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Sant’Agostino osserva: «Guarda il nostro ricco, che per noi si è fatto povero, pur essendo ricco; guarda quel ricco: tutto è stato fatto per mezzo di lui e niente senza di lui è stato fatto. Guarda quel ricco: tutto è stato fatto per mezzo di lui; guarda quel povero: il Verbo si è fatto carne ed ha abitato tra noi». La povertà evangelica rende possibile il nostro procedere verso Dio, liberandoci da ogni legame. Quanto più si vuole camminare tanto più è necessario il distacco dalle cose. Quando possediamo Dio diventiamo necessariamente più poveri. Poiché l’amore determina l’imitazione, noi diventiamo simili a coloro che amiamo e nella misura in cui veramente amiamo il Signore, desideriamo amare quello che egli ha amato e vivere come lui. La povertà evangelica voluta per amore ci unisce a Cristo e ci fa sacramento di una presenza divina. Ecco allora che non siamo beati perché poveri, ma poveri perché beati.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Ogni incontro di un uomo, di una donna con Cristo si può dire sia una lezione sulla preghiera. Gesù aveva promesso che Dio avrebbe risposto sempre a una richiesta fatta con fede: la sua vita è tutta una documentazione di questa realtà. Gesù risponde sempre, pure col miracolo, all’uomo che ricorre a lui con un grido di fede, anche coi pagani. Il cieco di Gerico, il centurione, la cananea, Giairo, l’emorroissa, Marta, sorella di Lazzaro, la vedova che piange sul figlio, il papà del bambino epilettico, Maria alle nozze di Cana: sono tutte pagine meravigliose sull’efficacia della preghiera. Gesù accoglie la preghiera, ma Egli prima di fare il miracolo sposta l’asse, cioè passa dall’oggetto (la guarigione) a colui che opera il miracolo. Egli vuole sapere: «Tu credi che io possa farlo? Hai fede? Hai fede in me?». Quante volte, infatti, il Signore dice: «Ti sia fatto secondo la tua fede»; oppure: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Le guarigioni non sono fini a sé stesse, ma vengono operate per ottenere la fede in Dio. Si passa da una fede imperfetta a una fede pura, perfetta; si passa dalla guarigione del corpo a quella dello spirito.