Sette cose che non sai su sant’Agostino

Sette cose che non sai su sant’Agostino

Sant'Agostino

Quando leggiamo di santi come Agostino, pensiamo che non abbiano mai fatto niente di sbagliato nella loro vita. Eppure, sant’Agostino in giovinezza, e in parte anche da adulto, vive un periodo di ribellione. I suoi eccessi sono tali che, dopo aver constatato gli errori della sua vita, scrive un libro intero, Le Confessioni, con i dettagli del suo comportamento peccaminoso. Egli fa una vera e propria confessione, raccontando senza riserve tutti i segreti nascosti.

In questo articolo scopriamo un “Agostino” diverso, vero e umano, che sbaglia e pecca, che mette a nudo sé stesso attraverso un lento e faticoso percorso di crescita fino alla conversione, alla ricerca di sé stesso, della verità e di Dio.

Introduzione

Santo, Padre della Chiesa, vescovo, scrittore, retore, filosofo e teologo Agostino (354-430) continua a essere un punto di riferimento per tanti uomini e donne in ricerca. Eppure, in una delle sue opere, le Confessioni, un’autobiografia di una acutezza eccezionale, uno dei libri più letti di sempre (il carattere autobiografico, infatti, lo rende accessibile a tutti e non solo ai teologi), ripercorre la storia del suo lungo travaglio interiore e scandaglia a fondo la sua vita. Con schiettezza ci mostra un “Agostino” diverso, vero e umano, che sbaglia, che pecca, che ha un rapporto conflittuale con sé stesso e anche con Dio, almeno inizialmente; un ragazzino come tanti che odia andare a scuola, che ha difficoltà in alcune materie e che preferisce giocare a palla; un giovane come tanti che nasconde la verità ai genitori, che frequenta “cattive compagnie”, che scopre i piaceri della carne…

1. Il rapporto con il padre

Agostino ha un rapporto difficile con il padre, Patrizio. Egli è pagano e si converte al cristianesimo soltanto in tarda età; garantisce ad Agostino una buona istruzione letteraria e retorica. È un uomo facile all’ira, di carattere aspro e difficile, scorbutico, lunatico, dedito al vino, ai divertimenti e ai piaceri della carne. La moglie Monica, con dolcezza, lo avvicina alla fede: viene infatti battezzato nel 371, poco prima di morire.

2. È intelligente ma non si applica

Fin da piccolo, compie marachelle e monellerie: talvolta mente ai genitori e agli insegnanti, rubacchia dalla dispensa e nei giochi imbroglia per vincere. Per quanto riguarda gli studi, Agostino segue le lezioni prima a Tagaste (la città natale, in Algeria), poi a Madaura, infine a Cartagine. È molto intelligente, curioso e sveglio, ma non è uno studente esemplare, preferisce giocare a palla piuttosto che seguire le lezioni e spesso gli insegnanti lo riprendono. Inoltre, ha difficoltà con il greco, che detesta, ma ama il latino e si commuove leggendo l’Eneide di Virgilio. Ecco cosa scrive: «Non amavo lo studio e odiavo di esservi costretto […] odiavo il greco che mi veniva insegnato da fanciullo […] Invece mi ero appassionato al latino» (Libro I).

3. La crisi dei 16 anni

Quello dei 16 anni è un periodo molto particolare per Agostino durante il quale conduce un’esistenza oziosa e abbastanza sregolata, «trascinata fra i dirupi delle passioni, sprofondata nel gorgo dei vizi, dandosi al gioco e agli amori» (libro II). Un periodo di crisi intellettuale e morale, pieno di dubbi, inquietudini, durante il quale le parole preoccupate della madre – che lo invita alla prudenza – cadano nel vuoto, mentre quelle dei coetanei contribuiscono ad accrescere in lui una certai attrazione per il peccato.
È disinteressato alla questione religiosa, al punto da prendere in giro un amico che, in punto di morte si era fatto battezzare, salvo poi tornare in salute! Anzi, di Dio non ne voleva proprio sapere: “Avevo dentro di me un appetito insensibile al cibo interiore, a te stesso, Dio mio» (Libro III).

4. Ladro!

Rientrato a Tagaste, dopo Madaura, Agostino continua la sua vita dissoluta, in compagnia di amici poco raccomandabili. Una notte, Agostino e il suo gruppo invadono una proprietà privata e rubano alcune pere per poi darle in pasto ai maiali. Potebbe sembrare una cosa di poco conto, ma per lui era piuttosto grave. Il fatto che si tratti di un furto non dettato da necessità e premeditato, rendono il peccato ancora più grave e meno giustificabile: Agostino ruba le pere con gli amici un po’ perché si lascia coinvolgere in un’impresa trasgressiva e, soprattutto, per il gusto di infrangere la legge. Si sente attratto dal desiderio del proibito, dal gusto dell’ingiusto. In seguito, scrisse che aver gettato le pere «ci diede ancor più piacere perché era proibito» (Libro II).
Per Agostino, è il primo assaggio del suo “dark site”, del suo lato oscuro e l’inizio di un’escalation di vizi.

5. La convivenza e il figlio “illegittimo”

Dopo l’anno vissuto nell’ozio e nella sfrenatezza trascorso a Tagaste, Agostino si reca a Cartagine per riprendere gli studi. Tuttavia, ancora una volta, ne combina di tutti i colori e viene catturato dalle lusinghe del piacere, tanto che con franchezza scrive: «Giunsi a Cartagine, e dovunque intorno a me rombava la voragine degli amori peccaminosi» (Libro III). Si appassiona agli spettacoli teatrali e ai «tenebrosi amori» e come scrive egli stesso «Mi gettai nelle reti dell’amore, bramoso di esservi preso» e «la frenesia si impadronì di me e mi arresi completamente alla lussuria». Si innamora di una ragazza – di cui non ha mai rivelato il nome – e i due iniziano una relazione. Dalla loro unione nasce Adeodato (che significa “dono di Dio”). Agostino è padre all’età di soli 18 anni (non è ancora cristiano, infatti, si convertirà al cristianesimo intorno ai 30 anni). Agostino porta con sé il figlio e la madre quando la sua carriera lo porta a Roma, ma continua a rifiutare il matrimonio anche se la loro relazione dura per una decina d’anni. La sua amante alla fine compie la scelta difficile e lo lascia. «Era più forte di me», scrive lui.

6. Una nuova amante

Lo shock di essere stato lasciato dalla madre di suo figlio spinge Agostino a cercare di mettere un po’ d’ordine nella sua vita sentimentale, e quindi venne arrangiato il matrimonio con una ragazza. Il problema è che questa era così giovane che dovette aspettare due anni per arrivare all’età in cui potersi sposare. Nel frattempo, Agostino perse la calma e si prese un’altra amante. Scrive che era «impaziente per il ritardo» e «schiavo della lussuria».

7. Spezza il cuore alla madre

Tutte queste scelte di vita e le sue azioni ferirono soprattutto la madre Monica. È facile immaginare che le si sia spezzato il cuore e si sia chiesto dove avesse sbagliato per allevare un figlio così dissoluto. Un giorno un vescovo dà alla madre questo consiglio: «Lascialo stare dov’è. Prega soltanto il Signore per lui. Scoprirà da se stesso, leggendo, dove sia il suo errore e quanto sia grande la sua empietà» (Ivi, III 12). Monica, fervente cristiana, innalzò a Dio una accorata supplica con le lacrime, i digiuni le preghiere per rivedere il figlio convertito. Dopo anni di preghiera e lacrime, Monica vide il frutto del suo instancabile impegno spirituale e Agostino, che era vicino all’eresia manichea, folgorato anche dalla predicazione del vescovo Ambrogio, si converte e decide di farsi battezzare.
Al termine delle Confessioni, Agostino scrive: «Mia madre mi disse: “Figlio, […] c’era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio”» (libro IX).

Conclusione

Come Agostino, tutti noi abbiamo storie del nostro passato che sono imbarazzanti da ricordare e ancor più da confessare. E il più delle volte, con una scrollata di spalle, diciamo: «Sono fatto così». Chi tra noi non l’ha pensato almeno una volta e poi magari si è reso conto che si tratta di una scusa per non uscire dalla propria confort zone?
La vita di Agostino e la sua onestà nell’ammettere tutto offrono un esempio incoraggiante del fatto che non importa quali siano stati i nostri errori del passato, perché non è mai troppo tardi per cambiare vita per seguire Gesù Cristo e vivere il suo Vangelo.

Allora, con sant’Agostino preghiamo:
«Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace».


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