Si potrebbe leggere la vita di san Giuseppe alla luce di alcuni “sì” che ne hanno segnato i momenti principali.
«In ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo “fiat”, come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani» (Papa Francesco, Patris corde).
“Sì” per accettare il reale
Di fronte alla gravidanza di Maria, Giuseppe si pone in atteggiamento di riflessione. Non può cambiare la realtà che ha conosciuto, ma si chiede come mettersi di fronte ad essa. Dapprima vorrebbe uscire rispettosamente da una storia più grande di lui, senza opprimere con la sua presenza quella giovane donna che egli ama profondamente, e quel misterioso bambino che ella attende.
Alle volte non è facile accettare la realtà delle persone e delle situazioni, in quei momenti sono molte le domande che sentiamo dentro.
San Giuseppe ci suggerisce di prendere tempo e di iniziare a elaborare dentro di noi una possibile lettura della realtà perché in essa si nasconde sempre un messaggio. Bisogna scoprirlo.
“Sì” nella fede
L’angelo in sogno spiega a Giuseppe cosa sta succedendo e, inoltre, gli indica il compito che gli viene affidato. Egli, obbediente alla parola di Dio, consegna la propria vita a un progetto che lo trascende, con l’accettazione del comando di prendere con sé Maria. Quella di Giuseppe è un’obbedienza perfetta. Mette in pratica quello che l’angelo gli dice in sogno, parola per parola, con una fede e fiducia che incanta. Non perché Giuseppe non abbia carattere, ma perché pone tutta la sua vita nelle mani del Signore, scommette tutto, e con quest’obbedienza conferma la sua scelta, anche se è tremendamente difficile e dolorosa!
Accettare di non essere in grado di capire e lasciarsi illuminare è un grande atto di umiltà. Non solo: Giuseppe accetta che sia Dio a intervenire nella vita sua e di Maria e con fede dice “sì” al Signore.
“Sì” alla vita
Quando Giuseppe prende in casa Maria inizia per lui una vita nuova, con prospettive assolutamente insospettate, e con la scoperta di un senso più profondo del suo essere sposo e padre. La vita sognata e pensata insieme a Maria può continuare perché il sogno divenga realtà; quel Bambino già presente nel grembo di Maria domanda di essere accolto, amato, cresciuto perché è una vita che chiede un padre e una madre. Rimane così accanto alla sua donna quale sposo fedele, e a quel bimbo quale figura paterna positiva e responsabile. L’assunzione di questa responsabilità è espressa attraverso il fatto che è Giuseppe – secondo l’ordine angelico – a dare il nome di Gesù al figlio generato da Maria. L’atto del dare il nome significa che egli conferisce a quel bambino la sua identità sociale e che, proprio per questo, Gesù può essere riconosciuto quale vero discendente di Davide, così come esige la natura del Messia atteso.
“Sì” al servizio
San Giuseppe esercita con pienezza il compito di padre e di sposo facendo della sua vita un servizio. A servizio di Gesù e di Maria mette la sua professionalità per guadagnare ogni giorno quanto serve alla vita concreta di una famiglia; egli serve “custodendo” e “difendendo” i suoi tesori, mettendo a repentaglio sicurezza e tranquillità; egli serve perché non rifiuta i disagi che questo comporta. Giuseppe è un vero capofamiglia, che non vuole essere il detentore del potere, ma aiutare i membri della famiglia a lui affidata a compiere la propria vocazione.
San Giuseppe è colui che insieme a Maria e Gesù forma una famiglia con la sua presenza, con il suo affetto, con il suo essere sposo e padre attento alle loro necessità.
“Sì” al silenzio
Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero e ogni sua azione. Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, di adorazione della volontà del Signore e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza.
Il suo silenzio è una forma di obbedienza specie se poi i fatti confermano che san Giuseppe è sempre colui che realizza non la sua volontà, ma quella del Padre.
Sono i fatti che parlano, i gesti concreti, il farsi carico della propria responsabilità nei vari momenti che la vita presenta, spesso in modo improvviso e lontano dalle nostre aspettative.
Di san Giuseppe sappiamo: poco della sua vita e nulla della sua morte; anche questo appartiene al suo silenzio.
“Sì” al discepolato
Giuseppe accetta le parole di Gesù dodicenne ritrovato nel tempio. Al primo posto c’è la volontà di Dio. Sa che questo Figlio ha un Padre dal quale è stato mandato e al quale Gesù obbedisce in modo totale. Essere discepolo è meditare tale verità nel proprio cuore, è contemplare questo Figlio che cresce in “grazia” davanti a Dio e agli uomini, è sapere che egli è la Parola da ascoltare e da vivere. Così mentre Giuseppe insegna a Gesù l’umile arte del falegname, Giuseppe contempla il Figlio di Dio nell’umiltà dell’incarnazione
“Sì” alla propria vocazione
Tutti questi “sì” si possono riassumere in uno solo: Giuseppe realizza pienamente la propria vocazione di sposo, di padre, di custode del Signore. Giuseppe «è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro della salvezza» (Papa Francesco, Patris corde).
La vicenda di Giuseppe ci insegna che nella misura in cui sappiamo dire di “sì” al Signore diciamo di “sì” alla nostra vita, mettendola nelle condizioni di realizzarsi pienamente.