Liturgia della Domenica – 11 ottobre 2020

Liturgia della Domenica – 11 ottobre 2020

Liturgia della domenica - 11 ottobre

28ª domenica del Tempo Ordinario (A)
Liturgia delle ore 4ª sett. salt.

L’invito alle nozze della parabola di Gesù ci richiama l’invito alla cena eucaristica. Chiediamoci allora se quando partecipiamo alla Messa indossiamo veramente l’abito della festa. Ma ricordiamoci che non basta accettare l’invito, non basta un’adesione superficiale. La fede deve cambiare la vita. Non è sufficiente dirsi cristiani, ci vuole un impegno costante per cambiare la propria vita.

I commenti sulla liturgia del giorno tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” di settembre/ottobre 2020.


PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa (Is 25,6-10a)
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

«… a se la terra forse il mortale inabitabil fatta vede omai senza quella nova, sola, infinita felicità che il suo pensier figura…» così scriveva Giacomo Leopardi nella sua poesia Amore e Morte. Egli si immagina un giovane che sente nascere nel cuore un sentimento d’amore e si consegna a esso tanto che tutta la terra ormai gli sembra inabitabile senza quella felicità intravista. Il profeta Isaìa conosce questo sentimento di desolazione che prende un uomo quando sente che il suo amore non trova una casa nel mondo. L’Israele in esilio non sente più la presenza amorosa e amorevole del suo Dio. Eppure ciò non basta a impedire un nuovo inizio. Israele ha sperimentato nella sua storia la fedeltà di Dio: quando tutto sembra dire il contrario allora è il momento giusto per esercitare la Memoria e aprirsi alla speranza. In fondo la missione del profeta è tutta qui: uno sguardo al passato capace di leggere i segni dell’azione divina e uno al futuro per dire che ciò che è già accaduto riaccadrà nuovamente. A-more vuol dire “senza la morte”, Dio gode quando può eliminarla per sempre.


SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 4,12-14.19-20)
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen. Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

Le circostanze della vita non sono mai un ostacolo alla felicità. Quante volte facciamo dipendere la nostra felicità e la nostra tristezza dalle cose che ci capitano. Così facendo ci rendiamo vulnerabili. Invece di vivere la vita ci lasciamo vivere da essa. L’apostolo Paolo riconosce che la vita va vissuta da protagonisti, questo diventa possibile quando dentro ogni circostanza noi troviamo un punto di fuga. Il punto di fuga, nel disegno geometrico, è quel punto, a volte fuori dal disegno stesso, che dà senso e orienta tutta la prospettiva. Non è un punto che aliena dalla vita ma le dà l’armonia della prospettiva, ne indica un orientamento, ne stabilisce l’armonia delle proporzioni. Paolo riconosce questo punto in Gesù di Nàzaret. «Tutto posso in colui che mi dà la forza» è la formula di una fiducia sconfinata nel potere di un Altro che per te si è fatto uomo, come te ha voluto vivere senza nulla censurare dell’esperienza umana (la delusione, il tradimento, l’abbandono, l’incomprensione, il fallimento) per te è morto e per te è risorto. Cosa temere quando Uno così e con noi?


VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,1-4)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». Parola del Signore.

Commento al Vangelo del giorno

Credo sia capitato a ognuno di noi, prima o poi, di essere delusi da un’assenza. Quando facciamo una festa a cui teniamo in particolare invitiamo coloro che sono significativi per la nostra vita, gli amici più cari. Anche se dovessero venire tutti e ne mancasse solo uno la nostra festa diverrebbe, di colpo, meno festa, su di essa calerebbe come un velo di malinconia. Cosa spinge un amico a rinunciare a una festa? Nella parabola raccontata da Gesù si parla addirittura di una festa di nozze, quella data dal re per le nozze del figlio. Tu sei importante per il re, ha pensato a te per la festa, ti ha spedito l’invito, ti attende. Eppure tutto questo per alcuni sembra non avere alcuna importanza. Ci sono altre incombenze, c’è da curare il proprio tornaconto, non c’è tempo da perdere per una festa. Non sta parlando di qualcun altro Gesù, sta parlando di me e di te che oggi ascolti questa Parola. Il Padre mi invita a partecipare alla festa dell’amore del Figlio (le nozze sono il sigillo di un amore), non andarci vuol dire chiudersi all’Amore. Se togliamo l’amore resta solo la morte. Per questo quegli invitati moriranno miseramente, perché la più grande miseria è proprio non desiderare l’Amore.


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