Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” novembre-dicembre 2023
3ª domenica di Avvento (B) – «Gaudete»
3ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaìa (Is 61,1-2.10-11)
Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Il profeta Isaìa qui parla di un personaggio che si dichiara «consacrato con l’unzione». Non può essere che il re, il cui rito di intronizzazione avveniva proprio attraverso l’unzione rituale. Ma anche i sacerdoti dell’antico Israele venivano consacrati con l’olio profumato, per il servizio dell’altare e per affermare davanti a tutti una loro “sacralità”. Dunque, la persona di cui si parla viene presentata come re e sacerdote. A queste due funzioni si aggiunge quella del profeta, perché si dice che viene mandato nel mondo a portare il lieto annuncio. Il tutto si realizza naturalmente in Cristo; egli è infatti re eterno, unico sommo sacerdote della nuova alleanza, e anche unico vero interprete della Parola di Dio, in quanto Logos egli stesso, Parola incarnata. Questa triplice funzione continua anche oggi nella Chiesa, attraverso il Battesimo la persona viene unta con il sacro crisma e partecipa, con l’effusione dello Spirito Santo, alla triplice funzione di Cristo: anche il battezzato è re, sacerdote e profeta, nel proprio ambito e nel proprio modo.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1Ts 5,16-24)
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo! – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
In tre semplici espressioni san Paolo definisce tutta la vita cristiana. Primo: «Siate sempre lieti»; secondo: «Pregate ininterrottamente» e terzo: «In ogni cosa rendete grazie». Sono tre assoluti. Come è possibile essere sempre lieti? Come è possibile pregare ininterrottamente? E come è possibile rendere grazie in ogni cosa? Eppure dobbiamo prendere le cose alla lettera e non accomodarle a modo nostro. Essere sempre lieti dipende da noi, perché ogni cosa, anche penosa, può essere trasformata in evento di grazia se vista nella volontà di Dio. Pregare ininterrottamente non significa dire parole di preghiera anche quando si lavora o quando si mangia; significa vivere sempre nella divina presenza e avere la disposizione interiore della comunione con Cristo risorto, mantenendo ovunque un certo raccoglimento. Rendere grazie a Dio in tutto significa avere facilmente sulle labbra e nel cuore la parola della lode, e rivolgersi al Padre dandogli gloria a prescindere dagli avvenimenti esterni che ci accadono. Lo Spirito Santo rende possibile tutto questo; a noi spetta la fede piena nell’opera di Dio in noi.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,6-8.19-28)
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Giovanni Battista definisce sé stesso “voce”. Tutta la sua missione è quella di indicare il Salvatore presente e operante nel mondo. Egli ha un grande credito, perché vive una vita ascetica straordinaria, ma quando indica il Cristo, pochi dei suoi discepoli seguono l’Agnello di Dio, e il motivo sta nel fatto che la dottrina di Gesù è troppo esigente. Il Battista potevi ascoltarlo, poi tornare a casa ammirato, ma nessuno si sognava di vivere la sua vita troppo austera, mentre la proposta di Cristo, assai più semplice, in realtà è molto impegnativa, perché esige la conversione del cuore, cambiare modo di vivere, pur restando ognuno nella propria condizione e nel proprio ambiente. La voce del deserto dice di seguire Gesù, il che significa amare Dio e il prossimo, pregare, essere umili, buoni, caritatevoli. Ciò comporta una rottura col mondo dell’egoismo e del peccato, e pochi sono disposti a farsi cambiare il cuore. Più facile ammirare il Battista e stare a distanza. Scrive Kierkegaard: «Io credo che se un giorno diventerò cristiano sul serio, dovrò vergognarmi soprattutto di non esserlo diventato prima, ma di avere tentato tutte le scappatoie».