Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” novembre-dicembre 2023
Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo (s) (A)
propria
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Ezechièle (Ez 34,11-12.15-17)
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Nella Sacra Scrittura è comune l’accostamento tra la figura del re e quella del pastore. Sembrano due “mestieri” totalmente opposti. Il re governa, vive in palazzi sontuosi, dispone di eserciti, ministri, servitù, ricchezze, potere. Il pastore è un umile lavoratore che passa lunghi periodi dormendo all’aperto nelle transumanze, non vive nei lussi, ha come unico bene il gregge. L’accostamento biblico ci dice questo: per governare bene, il re deve fare come il pastore, ossia vivere per le pecore (per i suoi sudditi), avere a cura il loro interesse, difenderle dagli animali feroci, curare quelle che si feriscono, andare a cercare quelle che si perdono. Il vero re allora è un servitore, non un despota che si fa servire. Il salmo 23 inizia con queste parole: «Il Signore è il mio pastore», facendo proprio l’abbinamento che abbiamo descritto. Così emerge sullo sfondo la figura del vero re, Gesù Cristo, che governa con le modalità del pastore nei confronti del suo gregge, vivendo totalmente per esso, fino ad arrivare a dare la vita per le proprie pecore, morendo sulla croce per amor loro.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 15,20-26.28)
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Il ruolo di Gesù nella vita della Chiesa e del mondo non è semplicemente quello di santificare i cuori e orientarli al cielo, ma quello di regnare, in senso proprio. Naturalmente non ci aspettiamo che nostro Signore appaia e venga a prendere il posto del re di Spagna o vada a sedersi nel parlamento di Montecitorio… Non è questo il potere divino. La regalità del Signore consiste nell’ispirare nel cuore degli uomini i sentimenti che derivano dalla sua bontà divina: la pietà, la carità, l’altruismo, lo spirito di sacrificio, l’osservanza dei precetti della Chiesa, eccetera. In questo modo, regnando nei nostri cuori, poi tutto diventerà segno e presenza di Gesù, tutto diventerà ordine. Il suo compito è quello di abbattere il male, in tutte le sue forme, e alla fine anche la morte stessa, e lo può fare se noi gli lasciamo il comando, ossia se ci riconosciamo prima umili sudditi, poi anche amici, poi finalmente anime spose del Verbo. Nel mondo saremo sempre perseguitati, più o meno, ma non dei vinti, perché è in noi la dignità assoluta di essere di stirpe regale, in quanto battezzati.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Nel giudizio universale saremo giudicati dagli atti di carità. Lo scrittore franco-americano Julien Greene afferma essere questa una delle pagine più «terribili» dell’intera Bibbia, perché vi contiene l’espressione: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno». Nell’Antico Testamento non vi è mai un’espressione così forte, nonostante tutte le pagine nelle quali il linguaggio del Signore è piuttosto veemente. Come intendere quel “maledetti”? Possibile che Gesù maledica qualcuno? Egli, il mite, che ha dato la vita per tutti? Al di là della parola, ci deve colpire la sostanza: chi non vive la carità passando tutta la vita a soddisfare sé stesso senza pensare mai agli altri, alla fine si trova nello stato di avere scelto lui la maledizione, ossia la via della perdizione – anche il libro del Deuteronòmio (28) descrive le due vie, quella della benedizione e quella della maledizione –. Gesù non fa altro che confermare una sentenza già scritta da noi, durante la vita terrena. Il re è severo? No, è l’amore a essere una cosa seria, a tal punto che Dio si è incarnato, è venuto sulla terra, ha sacrificato sé stesso. Per rendere serio l’amore di Dio in noi, amiamoci gli uni gli altri, con l’amore stesso di Gesù.