Liturgia della domenica: 27 agosto 2023

Liturgia della domenica: 27 agosto 2023

Gesù consegna le chiavi a Pietro

Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” luglio-agosto 2023

21ª domenica del Tempo Ordinario (A)
1ª sett. salt.


PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Isaìa (Is 22,19-23)
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre». – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

Sebna era uno straniero arrivato, non si sa bene come, a essere il maggiordomo del re Ezechia, ruolo che allora aveva una grande importanza perché era lui che si occupava delle cose del palazzo del re e dell’organizzazione della vita del monarca. La cosa non va bene e Isaìa, portavoce del Dio di Israele, annuncia la sua sostituzione con una persona più degna di lui, un certo Eliakìm. L’oracolo sembra di poco conto, ma le parole che Dio pronuncia nei confronti di questo nuovo e legittimo maggiordomo si adattano perfettamente al Cristo venturo: egli avrà le chiavi della casa di Davide, e sarà «un trono di gloria», mentre tali espressioni in effetti sono un po’ esorbitanti per un semplice maggiordomo del tempo. Sarà Gesù, vero Dio e vero uomo, a permettere in modo perfetto l’ingresso nella casa del Padre, non chiudendo o aprendo portoni, ma con il sacrificio della croce e, allo stesso modo, sarà Gesù a essere un “trono” (concetto che dice regalità) di gloria in Paradiso. Si conferma qui la lettura che dobbiamo fare dell’Antico Testamento: tutto è annuncio del Cristo e parla di lui.


SECONDA LETTURA

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 11,33-36)
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen. – Parola di Dio. 

Commento alla seconda lettura

Al termine della sezione nella quale nella lettera ai Romani si affronta il tema della salvezza degli Ebrei, Paolo prorompe in questo grido di esultanza che, in fondo, si presta per tutte le opere di Dio. Potremmo imparare a memoria tale breve inno, oppure scriverlo su un foglio e tenerlo sempre a disposizione, per ringraziare adeguatamente Dio quando egli interviene in qualche modo nella nostra vita. È facile, infatti, per noi dimenticare il ringraziamento e la gratitudine, non solo per le grazie ricevute, ma per tutto. San Paolo invece è un uomo abituato a ringraziare, e le sue lettere sono piene di queste improvvise espressioni di ringraziamento. La stessa parola “Eucaristia” significa “rendimento di grazie”, per dire come il Mistero sommo e centrale della nostra vita cristiana non è un evento dovuto e meritato, ma un dono di amore, per il quale si esige il nostro atteggiamento adorante e grato. Gesù stesso nel Vangelo ringrazia e loda il Padre più volte, e la Vergine Maria, ricevuto il saluto di Elisabetta, eleva la sua voce per magnificare il Padre per le opere da lui compiute.


VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16,13-20)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. – Parola del Signore.

Commento al Vangelo del giorno

Perché Gesù ordina ai suoi apostoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo? Non era venuto al mondo apposta per rivelarsi, per manifestare chi egli fosse e farsi quindi riconoscere come Dio e salvatore? Perché non era ancora il tempo. La gente aveva idee confuse a riguardo dell’identità  di Gesù: per alcuni era un profeta, uno che aveva lo spirito del Battista o di un nuovo Geremia ecc. Nei tre anni di vita pubblica, Gesù non si presenta mai dicendo: «Io sono Dio! Inginocchiatevi e adorate!». No, il tempo giusto per riconoscere pienamente la divinità del Signore è quando egli sale sulla croce per compiere il divino sacrificio, tanto che solo nel processo ultimo egli si dichiara e scopre definitivamente, davanti a Caifa: «Sei tu il Cristo di Dio?». «Tu lo dici, io lo sono!». E per questa dichiarazione Caifa si straccia le vesti e lo consegna per mandarlo a morte. Ma anche Pietro, in quel momento cruciale, non lo riconosce e lo rinnega pubblicamente tre volte. Dunque, per riconoscere Gesù nella sua missione di salvatore occorre andare sotto la croce, accogliere il suo sacrificio, pentirsi dei peccati e rinascere a vita nuova. È quello che succede ogni volta a Messa.



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