Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” novembre-dicembre
32ª domenica del Tempo Ordinario (B)
4ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal primo libro dei Re (1Re 17,10-16)
In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
L’obbedienza fa miracoli. La prima lettura di oggi è tutta un intreccio di obbedienze: quella di Elia che, accogliendo il comando inaspettato del Signore, ritorna nel territorio dal quale stava scappando a motivo del re Acab, col quale era in conflitto, e quella della vedova di Sarèpta che viene misteriosamente incaricata dal Signore di prendersi cura del profeta. Elia si rende disponibile al Signore che gli chiede un passo impegnativo, e la vedova di Sarèpta, a sua volta, si rende disponibile all’invito del profeta, dopo un’iniziale incertezza. Non temere! È questa la prima cosa da fare, è questo ciò che il profeta chiede alla vedova, ma anche ciò che il Signore chiede a noi. Quante volte risuona questo invito in tutta la Sacra Scrittura: ce n’è uno per ogni giorno dell’anno. Non temere è la condizione per poter vedere oltre, proprio là dove ci sembra che non possa esserci un futuro. Il profeta si appoggia alla promessa del Signore: «La farina della giara non si esaurirà…». Dio non mente. Vivere dando fiducia alle promesse di Dio significa rinunciare a contare sul nostro misero pugno di farina e poco olio rimasti per renderci disponibili all’opera del Signore.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 9,24-28)
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
Il brano della lettera agli Ebrei ci presenta il valore eterno del sacrificio di Cristo. Il peccato dell’uomo, che era senza via di uscita, è “annullato” grazie al sangue di Cristo. Quella del Cristo non è stata semplicemente una morte come tutte le altre, ma una morte volontaria trasformata in sacrificio e proprio per questo capace di eliminare il peccato. Egli ha fatto una volta per sempre «il sacrificio di se stesso» con l’offerta del suo corpo. Ogni tabernacolo in cui Gesù è presente nel sacramento del suo Corpo donato e del suo Sangue versato è immagine del tabernacolo celeste dove è asceso e in cui offre sé stesso al Padre in un’oblazione eterna. Non solo egli è vittima gradita a Dio, ma è anche il vero sommo sacerdote capace di offrire la vittima, perché nel suo cuore brucia il fuoco della carità divina. Cristo Gesù non solo ci ha salvato, ma continua a salvarci. Noi viviamo in questo oggi della salvezza. Tornerà di nuovo il Cristo, ma questo suo ritorno non deve essere inteso come un ritorno alla vita mortale, ma come un ritorno nella gloria per donare salvezza piena e definitiva a tutti coloro che l’aspettano.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
Quanto poco rumore devono aver fatto i due spiccioli della vedova gettati nel tesoro del tempio! Nessuno si era accorto di lei e nessuno aveva avvertito il debole tintinnio delle due monetine, ma l’occhio del Signore è molto attento e vede che in quei due spiccioli la vedova dà tutta la sua vita, mentre gli altri danno del loro superfluo. Superfluo è quello che esce dal bicchiere, come a dire: io mi tengo il bicchiere pieno col suo contenuto, tu accontentati di quello che fuoriesce. Che relazione ho con Dio? Cosa mi sto giocando? La vita o solo il superfluo? E con il prossimo? Molto spesso le nostre relazioni sono ferite proprio perché non ci “giochiamo” la vita, ma solo il superfluo. Nell’obolo della vedova è significato tutto l’amore di quella donna per Dio e per i fratelli: ha offerto «tutto quanto aveva per vivere», non vi si potrebbe aggiungere altro. Sull’esempio di Cristo che ha dato tutto sé stesso, così la Chiesa, che nasce dall’Eucaristia, è chiamata a vivere la continuazione di questo dono. «Sulla bilancia della giustizia divina non si pesa la quantità dei doni, bensì il peso dei cuori» (san Leone Magno). Nulla è piccolo di ciò che è fatto per amore e nessuna misericordia resta senza frutto.