Nell’aprire l’esortazione apostolica Laudate Deum papa Francesco riconosce che a otto anni dal vibrante monito lanciato con la Lettera enciclica Laudato si’ , quel grido d’allarme sembra perdersi nel frastuono di un mondo che, con inquietante rapidità, sta scivolando verso un punto di rottura. Il pianeta che ci accoglie si sta sgretolando e l’impatto del cambiamento climatico minaccia sempre più la vita di innumerevoli sorelle e fratelli.
In questo scenario di crescente preoccupazione, risuona potente la celebrazione della Giornata Mondiale della Terra, la più grande manifestazione ambientale del pianeta. Un giorno in cui, come un unico battito di cuore globale, miliardi di persone si uniscono per onorare la Terra e sollecitare la sua salvaguardia.
Lodate Dio per tutte le sue creature
Nato il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra, questo evento annuale è divenuto un momento cruciale di riflessione e azione. Le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale della Terra ogni anno il 22 aprile.
Come ci ricorda papa Francesco nella Laudate Deum, san Francesco d’Assisi ci ha invitato con la sua vita a «lodare Dio per tutte le sue creature». Un invito che rispecchia la sensibilità di Gesù stesso verso il creato: egli ammira la bellezza dei gigli del campo e ricorda che nemmeno un passero è dimenticato davanti a Dio. Come non fare nostro questo amorevole sguardo verso coloro che condividono con noi questo cammino?
Tuttavia oggi la crisi climatica globale è una realtà innegabile, con segni sempre più evidenti: «Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra», denuncia il Papa. E sebbene non tutte le catastrofi possano essere direttamente attribuite al cambiamento climatico, è verificabile che le attività umane ne aumentano significativamente la probabilità e l’intensità. Infatti, «alcuni cambiamenti climatici indotti dall’uomo aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi più frequenti e più intensi».
Il Papa non esita a denunciare la resistenza e la confusione che ancora oscurano la gravità della situazione. C’è chi minimizza, chi incolpa i poveri, dimenticando che «una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera» e che «le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri».
Il rischio del paradigma tecnocratico
La radice del problema affonda nel crescente paradigma tecnocratico, un modo di pensare che illude l’essere umano di poter dominare la realtà, dimenticando che «siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati». Questo paradigma ci spinge verso un’ossessione per la crescita illimitata, trasformando la natura in una mera risorsa al nostro servizio. Come ammonisce il Papa, «tutto ciò che esiste cessa di essere un dono da apprezzare, valorizzare e curare, e diventa uno schiavo, una vittima di qualsiasi capriccio della mente umana e delle sue capacità».
Il nostro potere è cresciuto in modo vertiginoso, ma non è stato accompagnato da un’adeguata crescita etica: «È terribilmente rischioso che [tanto potere] risieda in una piccola parte dell’umanità». Dobbiamo ripensare il nostro uso del potere, riconoscendo che il mondo non è un oggetto di sfruttamento.
Una politica per il bene comune
La debolezza della politica internazionale su questo punto è un altro nodo cruciale. Come sottolinea papa Francesco, «vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli Stati». Le Conferenze sul clima (COP) rappresentano da decenni un tentativo di affrontare la crisi, con progressi e fallimenti. L’Accordo di Parigi del 2015 è stato un momento significativo, ma la sua attuazione si scontra con la mancanza di meccanismi di controllo efficaci e con gli interessi nazionali che spesso prevalgono sul bene comune. Le speranze per la COP28 di Dubai sono alte, ma è fondamentale che si traducano in forme vincolanti di transizione energetica. «Speriamo che quanti interverranno siano strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di circostanza di qualche Paese o azienda», si augura il Papa.

La terra appartiene a Dio
Per noi credenti, le motivazioni spirituali sono un faro nella notte. La Bibbia ci ricorda che la terra appartiene a Dio e che noi siamo solo ospiti: «Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo», ammonisce papa Francesco. Gesù stesso ci ha invitato ad essere attenti alla bellezza del mondo, contemplando con stupore la creazione del Padre: «Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino».
Siamo uniti a tutte le creature, legati da fili invisibili in una sorta di famiglia universale: «Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione».
Siamo chiamati a un cambiamento profondo
In questa Giornata Mondiale della Terra, sentiamo l’urgenza di un cambiamento profondo. Non bastano i rimedi tecnici; è necessaria una trasformazione culturale, un nuovo modo di vivere e di pensare. I piccoli gesti quotidiani, l’attenzione al consumo, la riduzione degli sprechi, sono semi di speranza che alimentano un cambiamento dal profondo: «Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone».
«Lodate Dio», è questo il cuore del messaggio di papa Francesco: questo significa riconoscere la bellezza e la sacralità del creato, sentirci parte di esso e agire con responsabilità per proteggerlo per le generazioni future. La Giornata Mondiale della Terra ci ricorda che siamo una sola famiglia umana, strettamente interconnessa con ogni forma di vita sulla Terra. Ascoltiamo il grido della Terra, facciamolo nostro, e rispondiamo con un sussurro di speranza che si trasformi in azione concreta. Il futuro della nostra casa comune è nelle nostre mani.
Se desideri leggere integralmente l’enciclica Laudate Deum ti consigliamo l’edizione Shalom, introdotta da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.