La liturgia ci accompagna ad aprire il tempo d’Avvento con una parola: «Vegliate!». Cosa significa per me vegliare senza sosta; non addormentarmi proprio nel momento più delicato?
Testi tratti dal “Messalino – Sulla Tua Parola” novembre-dicembre 2020
1ª domenica di Avvento (A)
1ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaìa (Is 63,16b-17.19b;64,2-7)
Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani. – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
«Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Questo brano assomiglia a uno stupendo balbettio di preparazione alla preghiera di Gesù: il Padre nostro. Inizia e si conclude rivolgendosi al Padre. Nel mezzo troviamo tutta una vita di preghiera concreta: il dubbio, la memoria, l’invocazione, il pentimento e anche la vergogna. Tenendo fissa negli occhi e nel cuore questa relazione con Dio, dopo i problemi, sorge un “ma”: «Ma, Signore, tu sei nostro padre». È la sorpresa, lo scherzo quasi, la gioia, l’ironia benevola di Dio. Egli, l’Onnipotente, non ti sta rifiutando o respingendo, anzi. Bisogna solamente essere sempre attenti a questo cambiamento da una tonalità minore (triste o angosciosa) a una melodia in tono maggiore (gioioso, solenne). Quel famoso “ma” è come una tromba che squilla nel deserto, o alle porte della città, oppure al centro dell’accampamento: ci dice di prestare la massima attenzione. Ci presenta il cuore del messaggio: «Il Signore è nostro padre!». Noi rimaniamo spiazzati, tanto da imparare ogni giorno, e una volta per tutte, l’atteggiamento filiale: argilla docile.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 1,3-9)
Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro! – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
San Paolo sottolinea la lode e il ringraziamento al Signore, il vero protagonista di questo periodo liturgico d’Avvento. Egli vive da sempre, nel mistero dell’eternità e dell’Amore, con il Padre. È venuto partecipando alla creazione del mondo: «Tutto fu fatto per mezzo di lui». Grazie allo Spirito Santo, è diventato veramente uomo e Dio, nel grembo di Maria santissima. Viene ogni giorno e in ogni istante, anche nelle tragedie, nelle situazioni più buie della nostra vita. E verrà alla fine dei tempi per «ricapitolare» (cfr. Ef 1,10) ogni persona e cosa in lui. Sì, «ricapitolare». Questo verbo indica che la nostra storia è proprio squadernata, un insieme di fogli scritti, ma gettati per terra alla rinfusa, come se qualcuno avesse preso un grosso libro e, tolta la copertina, avesse sparso in giro un foglio dopo l’altro strappandolo dal blocco ordinato. Quante volte facciamo effettivamente fatica a vedere il filo rosso dell’esistenza nostra, dei nostri cari e del mondo intero. Ma veramente «degno di fede è Dio», che nell’attesa e nella nascita di Cristo ci fa trovare un significato in mezzo a tanta confusione.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
La liturgia ci accompagna ad aprire il tempo d’Avvento con questa pagina, segnata così profondamente dalla tematica del vegliare. «Vegliate!»: Marco lo ripete tre volte in cinque righe. Cosa significa per me vegliare senza sosta; non addormentarmi proprio nel momento più delicato? È una situazione paragonabile a quella di un ragazzo che ha un appuntamento con la sua fidanzata: se veramente è affezionato a lei e le vuole bene, mentre lei (ovviamente) ritarda, perde subito la speranza o continua a prepararsi con sempre maggiore intensità? Tornando al brano evangelico, mi piace sottolineare, inoltre, il fatto che il padrone di casa ha «dato il potere ai suoi servi». Guardando alla prospettiva dell’intera parola di Dio, si vede che essi in realtà hanno una dignità incomparabile, che non si può cancellare. Viene in mente la parabola del «Padre misericordioso» o del «figliol prodigo», anche se la dinamica è esattamente opposta: qui è il padrone che viene atteso. Il Padre (Dio) trova, comunque, il modo per insegnarci il senso dell’attesa, quello stesso atteggiamento di cui anche ciascuno di noi è chiamato a diventare esperto: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20).