Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola“ settembre-ottobre 2023
29ª domenica del Tempo Ordinario (A)
1ª sett. salt.
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaìa (Is 45,1.4-6)
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri». – Parola di Dio.
Commento alla prima lettura
Israele sta vivendo l’esperienza drammatica dell’esilio in Babilonia, gli oppressori lo avevano trattato sempre molto duramente. Ad un certo punto il re Ciro riesce ad avere la meglio su Babilonia e adotta una strategia diversa verso i popoli sottomessi. Permette a Israele di rientrare nella terra promessa e di ricostruire il tempio. Il destino delle nazioni e degli uomini è in mano di Dio. Anche quando essi non lo sanno o non hanno mai sentito il suo nome, come nel caso di Ciro. È importante per noi ricordare questa verità, perché la storia umana si svolge sempre sotto lo sguardo amorevole di Dio; questo avviene anche quando ci troviamo di fronte a ingiustizie o a sconvolgimenti sociali. Egli, come padre buono, veglia affinché tutti i popoli possano giungere alla pienezza della conoscenza della salvezza, divenuta carne nel suo Figlio. A noi cristiani il compito di aiutare tutti gli uomini a vedere nella vita e nella storia le tracce della sua provvidenza; proprio quando sembra che la disperazione e il sopruso abbiano il sopravvento, la testimonianza dei cristiani ha grande valore per aiutare gli uomini a leggere la presenza di Dio nella vita di ognuno.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1Ts 1,1-5b)
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione. – Parola di Dio.
Commento alla seconda lettura
L’inizio della prima lettera ai Tessalonicési ci dice anzitutto che non si evangelizza in maniera isolata: anche Paolo, il più grande evangelizzatore di tutti i tempi, ha infatti come collaboratori Silvano, Timòteo e molti altri. E subito aggiunge un’altra cosa molto importante: che l’annuncio dev’essere sempre preceduto, accompagnato e seguito dalla preghiera. L’Apostolo si dice poi ben consapevole del fatto che i membri della comunità non li sceglie lui, ma Dio. Ogni missionario del Vangelo deve sempre tenere presente questa verità: è il Signore che tocca i cuori con la sua parola e il suo Spirito, chiamando le persone alla fede e alla comunione nella Chiesa. Infine, Paolo ci lascia un insegnamento molto prezioso, tratto dalla sua esperienza. L’evangelizzazione, per essere efficace, ha bisogno della forza dello Spirito, che animi l’annuncio e infonda in chi lo porta quella profonda convinzione di cui parla l’Apostolo. Annuncio che, per essere compiuto e fedele, chiede di venire accompagnato da segni, da gesti, come la predicazione di Gesù. Parola, Spirito e convinzione sono dunque inseparabili e concorrono a far sì che il messaggio evangelico si diffonda con efficacia.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,15-21)
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». – Parola del Signore.
Commento al Vangelo del giorno
L’ipocrisia dei discepoli dei farisei e degli erodiani è davvero grande: a loro non interessa se il Maestro risponda saggiamente oppure no. Il loro vero intento è quello di metterlo in cattiva luce, facendogli dire qualcosa che avrebbe potuto metterlo in seria difficoltà con l’autorità politica. Gesù risponde alla domanda che gli rivolgono i suoi interlocutori con un sorprendente realismo politico, collegato con la centralità attribuita a Dio dalla tradizione profetica. Il tributo a Cesare va pagato, perché l’immagine sulla moneta è la sua; ma l’uomo, ogni uomo, porta in sé un’altra immagine, quella di Dio, per cui è a lui, e a lui solo, che ognuno è debitore della propria esistenza. La Chiesa, pertanto, non si limita a ricordare agli uomini la giusta distinzione tra la sfera di autorità di Cesare e quella di Dio, tra l’ambito politico e quello religioso. La missione della Chiesa, come quella di Cristo, è essenzialmente parlare di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appartiene, cioè la nostra vita.