Giovanni Bellini e la “Presentazione al Tempio”: un’opera d’arte che parla al cuore

Giovanni Bellini e la “Presentazione al Tempio”: un’opera d’arte che parla al cuore

Presentazione di Gesù al Tempio - Bellini

Continua la collaborazione tra don Alessio Fucile, esperto di arte, e il blog Shalom. Don Alessio ci guiderà per approfondire i momenti più importanti dell’anno liturgico attraverso delle bellissime opere d’arte che, oltre a suscitare in noi meraviglia per il loro splendore, possono aiutarci a comprendere meglio le Sacre Scritture e il messaggio di Gesù.

Don Alessio presenta oggi la “Presentazione al Tempio” di Giovanni Bellini.

La fonte di ispirazione dell’opera: l’opera di Mantegna e i volti familiari

L’opera si trova nella Galleria Querini Stampalia a Venezia e risale agli anni 1460-64 circa. Il pittore veneziano si ispirò a un’opera analoga del cognato Andrea Mantegna, con il quale condivideva anche alcuni dei personaggi raffigurati, forse membri della loro famiglia. È interessante come l’arte diventa mezzo per raccontare storie intime, storie di famiglie appunto. Come si può facilmente vedere, presenta un taglio compositivo originale e inusuale: le figure emergono nella loro monumentale plasticità e la scena trasmette una sensazione carica di mistero e di significati velati. La dimensione umana della scena è sottolineata anche dalla mancanza delle aureole dei santi e dal colore più morbido, accordato su toni bianchi e rossi alternati.

La profondità e la drammaticità dell’opera: il destino di Gesù e di Maria, tra croce e risurrezione

Con tutta probabilità ci troviamo di fronte al momento in cui il Bambino viene riconsegnato dall’anziano Simeone a Maria e sulle labbra del santo vegliardo la benedizione di Dio cede il posto all’oracolo della croce: «anche a te una spada trapasserà l’anima» (Lc 2,35). L’episodio è pieno di drammaticità. I volti, pur sereni, tradiscono la consapevolezza della gravità dell’ora, siamo dentro un tempo gravido di mistero, nel quale «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14). Come narra il Vangelo secondo Luca, Simeone era un uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele e al quale lo Spirito Santo aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.

L’intimità di Maria col Figlio durante tutta la sua vita fu un periodo in cui il mistero di Gesù si rivelò gradualmente. C’è una crescita nella fede di Maria, che raggiunge un punto cruciale in questo quarantesimo giorno in cui il Fanciullo fu presentato al Tempio. Qui, le apparve un nuovo elemento che chiarificò certi dati per lei ancora misteriosi. La Madonna entrò, si può dire, nel cammino del Golgota, capendo che il destino di quel bambino era dare la vita per la salvezza dell’uomo. Maria accoglie il Figlio e sembra incerta se tenerlo in braccio per proteggerlo dal dolore imminente o donarlo senza riserve partecipando essa stessa all’offerta del Figlio. In realtà, più che Maria sarà la Chiesa a innalzare Cristo nei suoi altari per l’adorazione di tutti i popoli: da duemila anni la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida alla contemplazione di tutte le genti.
Le fasce che avvolgono il corpo del Bambino, come è tipico di molte rappresentazioni della Natività, alludono alla sua morte, non però, adagiato nel sepolcro, ma ritto, in piedi, innalzato nella gloria della risurrezione. Si noti che sia ritto sopra un cuscino a sottolinearne la preziosità e l’importanza. Non adagiato nella culla, ne deposto nella tomba, ma offerto.



Essendo questa opera destinata a ornare un altare, era monito per il fedele che la contemplava a vedere in quel bambino il pane eucaristico che il sacerdote spezzava sullo stesso altare per essergli dato. «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,53-54). È il Pane, pegno della vita futura, spezzato per la salvezza e la felicità dell’uomo. La risurrezione, così, è entrata nella storia, l’Eucaristia è la sua porta d’ingresso.

La testimonianza e l’attualità dell’opera: il dono di Gesù e l’amore di Dio, tra storia e eternità

Dio attende pazientemente e costantemente l’uomo per riempirlo del suo amore, per donargli la sua consolazione, per asciugare il sudore dalla sua fronte stanca e addolorata: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò» (Mt 11,28); è impensabile l’idea di Dio che Cristo ci ha rivelato: un Padre impaziente per il figlio prodigo, un Padre che attende notte e giorno con il cuore in ansia il ritorno del figlio, un Padre che gioisce e fa festa quando questi ritorna sano e salvo, anche se sporco e macchiato dal peccato e dall’offesa nei suoi confronti. Solo Maria sembra cosciente di ciò.
Nessuno guarda Gesù: un uomo, forse autoritratto del cognato Mantegna, e una donna guardano verso destra, sono cioè rivolti al passato, alla tradizione, non riescono a vedere la novità inaugurata da Cristo, guardano verso oriente, fonte della luce terrena, e non si avvedono che la luce vera è già in mezzo a loro. Il loro cuore è lontano dal salmista che invitava: «guardate a lui e sarete raggianti» (Sal 34,6). Anna di Fanuele, la prima sulla sinistra, avvolta nelle vesti del lutto, è anch’essa collocata nel passato, ma a differenza degli altri uomini, guarda verso il Signore. Era una profetessa, «si mise a parlare del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2,38). Anna, con la sua presenza, blocca la fuga nostalgica verso il passato, la salvezza è ora, Dio è qui. Il testo di Luca dice che «serviva Dio nel digiuno e nella preghiera» (Lc 2,37). La preghiera è l’unione con Dio, un colloquio familiare, intimo, spirituale che dà forza e aiuta a guardare la realtà in maniera diversa, da una prospettiva nuova, è il dialogo dei figli con il Padre.

Infine sulla destra un uomo ci guarda direttamente; potrebbe trattarsi dello stesso Bellini, autore del quadro, che avrebbe inteso così apporre la sua firma all’opera. In questo modo, coinvolge e richiama l’attenzione dell’osservatore a quanto si sta svolgendo all’interno della rappresentazione. Dietro l’anziano che guarda verso Simeone potrebbe essere Giuseppe. Come era solito, lo si rappresentava avanzato in età per salvaguardare la verginità di Maria. L’invito che ci viene da quest’opera è di accogliere Gesù, alla maniera di Maria, attraverso l’assidua comunione con Lui, che si rende presente nel Pane Eucaristico.

Che sentimenti ti ispira questa meravigliosa opera? Diccelo nei commenti!


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