Liturgia della domenica – 15 novembre 2020

Liturgia della domenica – 15 novembre 2020

«Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri». Il cristiano possiede una caratteristica propria che lo distingue da tutti gli altri esseri umani: ha un motivo per restare desto, per stare sveglio. Anche quando riposa, il suo cuore non si addormenta e non cede al male.

33ª domenica del Tempo Ordinario (A)
1ª sett. salt.


PRIMA LETTURA

Dal libro dei Proverbi (Pr 31,10-13.19-20.30-31)
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città. – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

In alcune omelie o in presunte spiegazioni teologiche, si sente spesso dire che la Bibbia sarebbe un manifesto al maschilismo. È vero, la cultura ebraica, anche al tempo di Gesù, metteva la donna in secondo piano. Anche solo limitandosi a scorrere i testi dei Vangeli, si incontra, però, un Gesù che avvicina, guarisce toccando la mano, intrattiene un dialogo, intesse delle amicizie anche con delle donne, perdona, addirittura, delle peccatrici. La pagina del libro dei Proverbi che ci viene proposta per questa domenica è un elogio tra i più alti e straordinari che, probabilmente, si possano trovare nella letteratura mondiale: la donna che onora il Signore è veramente da lodare. Mentre gli uomini del Vangelo sono molto fragili nella custodia e nel mettere a frutto le monete loro affidate, la vera donna è molto di più: è lei la vera perla preziosa. «Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città». La riconoscenza e la lode pubblica (questo significa «alle porte della città», dove si radunava la gente). Siamo capaci di fare questo?


SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1Ts 5,1-6)
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. – Parola di Dio.

Commento alla seconda lettura

«Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri». Il cristiano possiede una caratteristica propria che lo distingue da tutti gli altri esseri umani: ha un motivo per restare desto, per stare sveglio. Anche quando riposa, il suo cuore non si addormenta e non cede al male. Solo chi non ha incontrato il vero Dio di Gesù Cristo può definirlo come un ladro che incombe e penetra in casa all’improvviso, nel cuore della notte, per rubare. Le doglie del parto sono un’immagine già più adeguata: la mamma sa che deve partorire, aspetta con ansia, ma con profondissima curiosità e gioia il momento del parto, pur dolorosissimo (e, specialmente a quei tempi, incerto e pericoloso). Il bimbo, a sua volta, sta per nascere alla luce e alla vita familiare nel senso più largo e comunitario. Esiste forse paragone più forte, delicato e pertinente per rappresentare quello che sarà il passaggio alla vita eterna, la nascita al cielo? Anche lì dolore e fatica, abbandono di sicurezze, ma – alla fine – una luce che nasce dall’alto. Il vero Signore non è un ladro, ma una mamma.


VANGELO DEL GIORNO

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”». – Parola del Signore.

Commento al Vangelo del giorno

Questo brano suscita tante domande avventate: Perché una distribuzione diseguale dei talenti? Come mai capacità così diverse tra i servi? Qual è la loro colpa se hanno ricevuto non solo un numero di talenti differente, ma addirittura in linea con le loro doti affaristiche? Continuando: si dice che «volle regolare i conti con loro». Questa scena non ci sembra forse simile alla morte, al giudizio personale e finale attraverso il quale saremo vagliati una volta giunti in cielo? Come se Dio, già da oggi, dicesse le stesse cose che dice il padre di fronte all’adolescente ribelle: «Divertiti, divertiti adesso, tanto poi facciamo i conti!». Non è così. Il problema sta proprio in un’immagine errata di Dio, come se – dietro a un velo di generosità – fosse in realtà il padre padrone più vendicativo di tutti. Il vero problema di colui che ha nascosto il talento (già una grandissima cifra) affidatogli è la motivazione del suo comportamento: crede in un falso Dio. Non è più il Dio vero, Padre di Gesù Cristo, ma un idolo scolpito da mani d’uomo. Sarebbe quindi un personaggio duro, ingiusto nella distribuzione e retribuzione dei talenti. Forse sarà difficile e doloroso, ma questo idolo è proprio da scagliare via, per essere, finalmente, liberi figli.


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