Liturgia della domenica – 21 marzo 2021

Liturgia della domenica – 21 marzo 2021

Gesù

5ª domenica di Quaresima (B)
1ª sett. salt.

Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” marzo-aprile 2021.

Nello scorrere del tempo e della vita ci avviciniamo sempre più al cuore dell’anno liturgico: mancano solo otto giorni all’inizio della Settimana Santa. Le letture di oggi ci richiamano quanto Dio sia fedele alle sue promesse e ci ricordano che l’ultima sua parola sono il perdono e la misericordia. Il Signore ci promette: «Dove sono io, là sarà anche il mio servitore». In ogni gesto di servizio compiuto accanto al Signore che per primo si è fatto servo, ci è dato di partecipare alla sua signoria d’amore, alla sua dignità regale, alla sua vita gloriosa. Non si tratta di fare affidamento sui nostri atteggiamenti eroici, ma sull’invocazione costante e accorata dello Spirito che Gesù ha promesso a chiunque desidera seguire le sue orme.


PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Geremìa (Ger 31,31-34)
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato. – Parola di Dio.

Commento alla prima lettura

Ascoltiamo, in questa ultima domenica di Quaresima, la promessa di Dio che si compie in Cristo Gesù. La legge scritta su pietra sarà scritta nel cuore degli uomini quando sarà compiuto l’esodo pasquale, il passaggio dalla morte alla vita, la liberazione dalla schiavitù del peccato, con la morte e risurrezione di Gesù. Gli uomini che hanno sempre cercato di conoscere il divino, camminando a tentoni nel buio, ora per mezzo del Figlio possono conoscere l’amore di Dio e lasciare che la potenza di questo amore vinca ogni paura, ogni resistenza, e converta i cuori, anche quelli più duri. È la forza del perdono, la misericordia di Dio che ci salva. E non è solo una questione personale, ma è la storia della Chiesa: nasce il nuovo popolo che appartiene a Dio; significa che nella Chiesa ogni cristiano non dovrebbe più avere paura di perdere la sua autonomia e libertà se obbedisce alla parola di Dio, ma è felice di appartenere a lui, come gli sposi sono felici di appartenersi l’un l’altro, di unirsi e legarsi, ponendo un legame che non fa paura, ma è segno di un amore grande e fedele.


SECONDA LETTURA

Dalla lettera agli Ebrei  (Eb 5,7-9)
Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono. – Parola di Dio. 

Commento alla seconda lettura

Al centro c’è la figura del Christus patiens, il Gesù sofferente, solidale con la nostra umanità. A tutti capita, in alcuni momenti della vita, di patire una grande sofferenza e ci sembra di sentire uno strappo dentro il cuore, un dolore che provoca «forti grida e lacrime». Gesù ha voluto condividere la fragilità umana, ma ci ha mostrato come si vive questa sofferenza se si rimane nell’amore del Padre; ci ha dato l’esempio con il suo «pieno abbandono» nelle mani del Padre, che non gli ha evitato la morte fisica – segno della fraternità piena di Gesù con l’umanità –, e che lo ha riportato alla vita gloriosa nella Pasqua, segno della sua divinità. Abbandono che significa fiducia piena, ma anche adesione totale al disegno d’amore e di salvezza del Padre per tutta l’umanità. Si è abbandonato perché sapeva con certezza che il Padre l’avrebbe esaudito, ma anche perché voleva che tu non ti sentissi solo e abbandonato nella sofferenza. Voleva che anche tu potessi fidarti e attraversare come lui e con lui il buio per raggiungere la luce. Gesù ti ama e ti vuole salvo.


VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 12,20-33)
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. – Parola del Signore.

Commento al Vangelo del giorno

Alcuni pagani, che sono a Gerusalemme per la festa, vanno da Filippo e chiedono di vedere quel rabbì tanto famoso. Filippo un po’ incerto, perché la richiesta va contro la legge ebraica, va da Andrea per consigliarsi e insieme vanno da Gesù. Sanno che probabilmente anche questa volta il Maestro andrà oltre la lettera della legge e darà una risposta piena di senso: non buonsenso, ma significato profondo della vita. E, infatti, Gesù coglie l’occasione per rivelare con una similitudine il senso della sua passione e morte. La sua morte è una semina, nella quale il seme deve cadere a terra, morire e dare origine a una nuova pianta che moltiplica i semi nella spiga. La vera morte è la sterilità di chi non dona, di chi non spende la propria vita, ma vuole conservarla in una ricerca ossessiva del proprio benessere. Generiamo vita non solo quando mettiamo al mondo un figlio, ma anche ogni volta che desideriamo la vita abbondante, per noi e per gli altri, e cerchiamo con la forza creativa dell’amore di donarla. «E io, quando sarò innalzato da terra», come il serpente innalzato da Mosè, «attirerò tutti a me». Anche tu potrai vederlo, sulla croce, mentre dona la vita; ma ti lasci attirare da lui?


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