Liturgia della domenica – 7 febbraio 2021

Liturgia della domenica – 7 febbraio 2021

Liturgia 7 febbraio

5ª domenica del Tempo Ordinario (B)
Liturgia delle ore 1ª sett. salt.

Testi tratti dal Messalino “Sulla Tua Parola” gennaio-febbraio 2021.

Il Vangelo di Marco continua la descrizione di una giornata tipo di Gesù, riassumibile in tre parole: guarire, pregare, annunciare. Domenica scorsa abbiamo incontrato Gesù nella sinagoga dove insegna con autorità e libera un indemoniato. Oggi, Gesù esce dalla sinagoga e si dirige a casa della suocera di Pietro; ella giace malata, a letto, con la febbre. I discepoli parlano di lei a Gesù e diventano un ponte tra Gesù e la sofferenza di questa donna, che viene guarita. Quando incontriamo persone sofferenti, bisognose, malate, sole facciamo affidamento sulla potenza della preghiera d’intercessione e presentiamo a Gesù le necessità e i bisogni degli altri. Mentre era buio, uscì in un luogo deserto e là pregava. La preghiera solitaria di Gesù ci insegna invece che bisogna mettere il nostro cuore dentro il cuore di Dio.


PRIMA LETTURA

Dal libro di Giobbe (Gb 7,1-4.6-7)
Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».

Commento alla prima lettura

Il personaggio di Giobbe ci presenta questa apparente contraddizione tra il desiderio, la fame d’eternità e la consapevolezza che la vita sembra durare un solo giorno. I giorni scorrono veloci e con loro la vita dell’uomo, ma fermarsi a questa considerazione significherebbe non avere un “filo” di speranza e tale situazione significherebbe il “nulla”!  Nonostante la malattia, la perdita delle ricchezze e degli affetti, Giobbe, pur esprimendo tutta la sua angoscia a Dio, non perde comunque la speranza. Infatti, se è impossibile fermare il tempo, è possibile, però, dargli valore e a questo siamo chiamati. Ogni singolo istante può assumere valore di eternità solo se vissuto per amare: l’amore infatti non ha e non avrà fine; è l’amore che ci salva e ci conduce all’eternità. L’amore di Colui che ha dato la vita per noi e ci ha aperto le porte di una vita senza fine. Certamente, è prima di tutto l’amore di Cristo ad assumere un valore eterno. Ma anche il suo riflesso nell’ascolto, nella pazienza, nell’accoglienza reciproca, nella totale donazione… godono di un valore di gioia senza fine.


SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 9,16-19.22-23)
Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Commento alla seconda lettura

Il brano della lettera di san Paolo ai Corinzi ci dice, innanzitutto, che un cuore che gioisce, lo grida al mondo: non si può tenere per sé la gioia, la si trasmette, consapevolmente o meno. Così capita a chiunque viva il Vangelo: tutta la sua vita annunzia la speranza. In un mondo che fa di tutto per spegnere i desideri, oggi più che mai, c’è bisogno di messaggeri di bellezza. Sarebbe inutile indire un concorso per professionisti di speranza, perché, come ci ha dimostrato Colui che ha incarnato il Vangelo, il Vangelo lo si può annunciare solo vivendolo. Gesù ci ha detto anche che il suo messaggio e la sua testimonianza sono rivolti a ogni uomo e ogni battezzato è chiamato a viverli. Non rinunciamo, allora, ad accogliere e trasmettere la gioia. San Paolo, nella sua vita spesa per il Vangelo, si dimostra come un uomo di libertà estrema. La sua è una libertà non intesa come fare quello che si vuole, ma appunto nel senso di gratuità, di servizio che viene dal Vangelo, o più esattamente dall’essere stato conquistato da Cristo. La libertà, allora, assume un valore tutto diverso da quello a cui ci hanno abituati: è autentica quando si mette a servizio di Gesù, che è via, verità e vita.


VANGELO DEL GIORNO

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,29-39)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Commento al Vangelo del giorno

Gesù guarisce, prega (intercede), annunzia. Leggendo i Vangeli, vediamo che queste sono le sue azioni abituali, tra i villaggi della Palestina. Possiamo, però, provare uno stupore immenso, se riflettiamo sul fatto che la guarigione, la preghiera, l’annunzio sono proprio i gesti che il Signore continua a svolgere ancora oggi, in quel territorio, spesso impervio, deserto, ricoperto di rovi, trincerato e chiuso, che è il cuore di ogni uomo. Gesù Cristo non si stanca di chiamare e di invitare. Non si rassegna di fronte alle porte sbarrate perché ci vuole liberi, ci vuole felici e accogliere il Vangelo significa appunto vivere e trasmettere la gioia, la speranza. Lasciamoci prendere per mano come la suocera di Pietro, e ogni paura svanirà: il Signore non attende altro che il nostro consenso per guarirci, per liberarci da qualsiasi tipo di prigione in cui ci troviamo. In particolare, risulta molto significativa la scena in cui viene coinvolta la suocera di Pietro: la mediazione bella e positiva da parte della comunità, porta all’avvicinamento di Gesù e alla guarigione attraverso un contatto fisico con la mano (non ammesso nella cultura ebraica); segue quindi, dopo l’esperienza di salvezza, il servizio vissuto da parte della suocera.


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